Dannosi e inutili gasdotti che
sventrano la nostra Terra. Trivelle che violentano le nostre risorse
ambientali. Inceneritori a cielo aperto spacciati come occasioni di
lavoro "verdi". Potenti quanto costose e inutili macchine,
che producono solo campi elettromagnetici, distruggendo l'immagine
delle nostre coste. Imprese mafiose spacciate come “opportunità”,
che lasciano solo tumori e miseria. Sostegno incondizionato a
investimenti che hanno fatto della nostra Isola la regione piu'
inquinata d'Italia.....
E chi piu' ne ha piu' ne metta....
E a imporli sono sempre gli stessi
che, "governando" ormai da decenni, ci stanno trascinando
sull'orlo del pozzo, senza fondo, della miseria, della disoccupazione
e della disperazione. Distruggono le nostre uniche e preziose risorse
o le svendono al miglior offerente senza nessuna vergogna, senza
un minimo di dignità.
Sono i sindacati senza scrupoli.
Sono gli amministratori di province, ricettacoli di vergognosi
privilegi e clientele. Sono gli amministratori di una Regione
governata da folli e da persone profondamente ignoranti. Sono i
dirigenti di centinaia di enti inutili, piazzati li grazie a tutto
meno che al loro curriculum...
Fermiamoli! O sarà troppo tardi.
Stanno distruggendo la nostra Terra,
la nostra cultura, le nostre risorse e la nostra identità.
Anche se non fanno altro che
piangere miseria hanno i soldi, tanti soldi, i nostri soldi. Una
parte li distribuiscono a pioggia nel loro giro, il resto sono
costretti a restituirlo (ad esempio all'Unione Europea), perché non
sanno come fare a programmarlo e a spenderlo.
Non hanno idee, non hanno programmi
ne progetti. Si limitano a copiare quelli degli altri senza neppure
leggerseli, o a ratificare e sostenere, di nascosto, quelli proposti
dal mafioso di turno. Non importa di cosa si tratti ne se sia
disastroso, l'importante e che sia per lo "sviluppo", la
"crescita", la "competitività"; per loro facili
slogan, buoni per tutte le occasioni; per noi invece, ormai solo
brutti incubi.
Fermiamoli. Mandiamoli via per
sempre. Ne va del futuro nostro e dei nostri figli e figlie.
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Energia, per i sardi la bolletta è più salata
18.04.2012
La Cisl ha provato a stanare la Regione sui contenuti del piano energetico, una sorta di araba fenice che tutti considerano indispensabile ma i cui contorni non sono definiti. In un sistema come quello sardo, unica regione d’Italia a non disporre del gas condannando i propri cittadini a pagare la bolletta più cara in assoluto, alla Regione è stato chiesto di chiarire la “visione politica” sul futuro dello sviluppo. Le domande proposte da Mario Medde, segretario generale della Cisl, e da Giovanni Matta, responsabile dell’Industria, sono rimaste sospese: l’assessore Alessandra Zedda ha fatto il punto sulla situazione esistente e ha dato rassicurazioni sul progetto della metanizzazione ma non ha potuto chiarire che cosa faremo dell’energia prodotta se il sistema non si libera dai freni. «Il Piano», afferma Giovanni Matta, «non può essere solo un dato tecnico perché è parte di una visione politica». Certo non è facile con l’industria regionale ferita, ridotta a una produzione che, al netto delle costruzioni, arriva all’undici per cento del Pil, meno della metà della media nazionale. E senza tenere conto che la freddezza delle statistiche calcola tra gli occupati del settore industriale ben diecimila cassintegrati che hanno perso il lavoro forse per sempre. L’incontro sulla politica energetica mette a confronto sindacato e Regione partendo dai dati dell’Enea a dimostrazione delle anomalie di un sistema dipendente dal petrolio per il 66% e per poco meno di un terzo dai combustibili solidi. All’ultimo minuto si defila il rappresentante di Galsi, la società che deve cambiare il corso della storia portando il metano in Sardegna. L’assenza provoca cattivi pensieri: «La sensazione è che siano stati indotti a non venire», afferma Giovanni Matta. «Anche da parte della Regione notiamo qualche incertezza, c’è l’impressione che non si voglia dar fastidio ai tanti nemici del progetto». Nessuno nomina l’Eni ma in molti sono pronti a individuare nell’ente petrolifero un nemico del gasdotto. L’assessore all’Industria, Alessandra Zedda, smentisce: «Non c’è alcuna incertezza, la Regione sostiene il Galsi e non c’è ritardo. L’ultima conferenza risale allo scorso dicembre e la Regione, in quell’occasione, ha ribadito le scelte fatte. Da qui a pochi giorni ci saranno le intese con lo Stato, entro un anno il quadro sarà definito». Pazienza per gli assessori all’Industria precedenti che avevano assicurato la partenza del gasdotto per l’aprile del 2009, l’importante, a giudizio del sindacato, è che si faccia: «Oltre a colmare la mancanza del metano, è un’opera che solo sul suolo sardo prevede investimenti per un miliardo di euro. Un motivo che da solo, in tempi di magra, non dovrebbe essere dimenticato». Manca il metano, ma l’energia è prodotta in grande abbondanza da 17 impianti idroelettrici, altrettanti termoelettrici cui si aggiungono 31 eolici e 7.630 fotovoltaici. Un surplus che, altra anomalia, non agevola il sistema, anzi sembrerebbe un onere: «I costi di produzione in Sardegna attestano che, nonostante ci siano alcuni impianti alimentati a carbone, un megawatt costi all’origine 109 euro contro una media nazionale di 66 euro». Ecco perché ilpiano energetico regionale dovrebbe risolvere questo problema; per ora sembra puntare buona parte delle possibilità di crescita sulle fonti rinnovabili. Ma i dati esposti da Andrea Fidanza dell’Enea lasciano da pensare anche sul busines dell’energia rinnovabile, sospinta da cospicui incentivi che in realtà defluiscono verso la Cina, massimo produttore di pannelli solari. Mille aspetti da chiarire e su tutti il rebus delle grandi centrali. «Che cosa si vuol fare di Fiumesanto»? chiede Giovanni Matta, «se come si vocifera dovessero subentrare nuovi imprenditori la Regione deve chiedere il rispetto delle intese raggiunte». Nel piano energetico dev’essere chiarito il ruolo della Saras in vista dell revisione delle agevolazioni del governo (il Cip 6), e infine la definizione della questione carbone Sulcis: sarà un risorsa nazionale, visto che Nuraxi Figus è l’unico sito carbonifero del Paese o si perderà»? La risposta può venire solo dal piano energetico della Regione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
La Cisl ha provato a stanare la Regione sui contenuti del piano energetico, una sorta di araba fenice che tutti considerano indispensabile ma i cui contorni non sono definiti. In un sistema come quello sardo, unica regione d’Italia a non disporre del gas condannando i propri cittadini a pagare la bolletta più cara in assoluto, alla Regione è stato chiesto di chiarire la “visione politica” sul futuro dello sviluppo. Le domande proposte da Mario Medde, segretario generale della Cisl, e da Giovanni Matta, responsabile dell’Industria, sono rimaste sospese: l’assessore Alessandra Zedda ha fatto il punto sulla situazione esistente e ha dato rassicurazioni sul progetto della metanizzazione ma non ha potuto chiarire che cosa faremo dell’energia prodotta se il sistema non si libera dai freni. «Il Piano», afferma Giovanni Matta, «non può essere solo un dato tecnico perché è parte di una visione politica». Certo non è facile con l’industria regionale ferita, ridotta a una produzione che, al netto delle costruzioni, arriva all’undici per cento del Pil, meno della metà della media nazionale. E senza tenere conto che la freddezza delle statistiche calcola tra gli occupati del settore industriale ben diecimila cassintegrati che hanno perso il lavoro forse per sempre. L’incontro sulla politica energetica mette a confronto sindacato e Regione partendo dai dati dell’Enea a dimostrazione delle anomalie di un sistema dipendente dal petrolio per il 66% e per poco meno di un terzo dai combustibili solidi. All’ultimo minuto si defila il rappresentante di Galsi, la società che deve cambiare il corso della storia portando il metano in Sardegna. L’assenza provoca cattivi pensieri: «La sensazione è che siano stati indotti a non venire», afferma Giovanni Matta. «Anche da parte della Regione notiamo qualche incertezza, c’è l’impressione che non si voglia dar fastidio ai tanti nemici del progetto». Nessuno nomina l’Eni ma in molti sono pronti a individuare nell’ente petrolifero un nemico del gasdotto. L’assessore all’Industria, Alessandra Zedda, smentisce: «Non c’è alcuna incertezza, la Regione sostiene il Galsi e non c’è ritardo. L’ultima conferenza risale allo scorso dicembre e la Regione, in quell’occasione, ha ribadito le scelte fatte. Da qui a pochi giorni ci saranno le intese con lo Stato, entro un anno il quadro sarà definito». Pazienza per gli assessori all’Industria precedenti che avevano assicurato la partenza del gasdotto per l’aprile del 2009, l’importante, a giudizio del sindacato, è che si faccia: «Oltre a colmare la mancanza del metano, è un’opera che solo sul suolo sardo prevede investimenti per un miliardo di euro. Un motivo che da solo, in tempi di magra, non dovrebbe essere dimenticato». Manca il metano, ma l’energia è prodotta in grande abbondanza da 17 impianti idroelettrici, altrettanti termoelettrici cui si aggiungono 31 eolici e 7.630 fotovoltaici. Un surplus che, altra anomalia, non agevola il sistema, anzi sembrerebbe un onere: «I costi di produzione in Sardegna attestano che, nonostante ci siano alcuni impianti alimentati a carbone, un megawatt costi all’origine 109 euro contro una media nazionale di 66 euro». Ecco perché ilpiano energetico regionale dovrebbe risolvere questo problema; per ora sembra puntare buona parte delle possibilità di crescita sulle fonti rinnovabili. Ma i dati esposti da Andrea Fidanza dell’Enea lasciano da pensare anche sul busines dell’energia rinnovabile, sospinta da cospicui incentivi che in realtà defluiscono verso la Cina, massimo produttore di pannelli solari. Mille aspetti da chiarire e su tutti il rebus delle grandi centrali. «Che cosa si vuol fare di Fiumesanto»? chiede Giovanni Matta, «se come si vocifera dovessero subentrare nuovi imprenditori la Regione deve chiedere il rispetto delle intese raggiunte». Nel piano energetico dev’essere chiarito il ruolo della Saras in vista dell revisione delle agevolazioni del governo (il Cip 6), e infine la definizione della questione carbone Sulcis: sarà un risorsa nazionale, visto che Nuraxi Figus è l’unico sito carbonifero del Paese o si perderà»? La risposta può venire solo dal piano energetico della Regione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
ARBOREA. Il paese
intero tenta di bloccare il progetto Saras a S'Ena Arrubia - I No-Gas blindano lo
stagno - Comincia la battaglia
contro la ricerca del metano (Nicola Pinna)
ARBOREA
La protesta è silenziosa, giusto per non spaventare i cavalieri
d'Italia. I manifestanti arrivano a S'Ena Arrubia quando nello stagno
è in corso una festa: mancano i fenicotteri, ma a dare spettacolo ci
pensa il falco di palude. «Questo è un santuario della natura, non
è possibile che a pochi metri da questo stagno vogliano installare
le trivelle per la ricerca del gas - dice Francesco Guillot, il
coordinatore regionale della Lipu - Venire a S'Ena Arrubia, per noi
ambientalisti è come fare un pellegrinaggio a Lourdes. Questo è un
luogo sacro della natura e lo scenario che si vede stamattina è la
vera risorsa da sfruttare». Eppure, proprio qui la Saras è convinta
di trovare il gas. Nel terreno scelto per realizzare i pozzi, ieri
mattina, c'è stata l'invasione pacifica dei manifestanti. L'invito
del comitato popolare l'hanno raccolto in tanti, anche se la pioggia
ha scoraggiato una parte della truppa.
IL
COMITATO La lotta per l'ambiente, gli
abitanti di Arborea, hanno deciso di affrontarla con una tecnica di
guerra ecologica. Niente baccano, ma una lunga e silenziosa
passeggiata tra le campagne che separano il paese dall'oasi di S'Ena
Arrubia, attraversando un'interminabile pista ciclabile e qualche
campo di mais. Il secondo atto della battaglia è quello che si
combatterà con le carte bollate. «La Regione ha già ricevuto 180
osservazioni contro il progetto - sottolinea il coordinatore del
comitato popolare, Davide Rullo - Per il momento l'unico che non si è
schierato è il Comune di Arborea, speriamo lo faccia al più
presto».
IL CORO
DI “NO” Il fenicottero con la maschera
antigas è il simbolo della protesta. E ieri mattina tutti si sono
presentati con una maglietta stampata appositamente. Ci sono famiglie
intere, non solo ambientalisti, nel lungo corteo partito dalla piazza
del municipio. Qualcuno si è portato appresso anche il cane e
qualcun altro è venuto in bicicletta. Ci sono i cittadini di
Arborea, ma in molti sono partiti da lontano: da Oristano e anche da
Cagliari. «Siamo pronti alla battaglia per salvaguardare la nostra
salute - dice Laura Magnani - Sul progetto della Saras non tutto è
chiaro, ma proprio in questi giorni abbiamo visto che danni hanno
provocato impianti simili a quello che vogliono realizzare nel nostro
territorio».
I DUBBI
Quelli che ancora devono essere chiariti sono tutti riassunti in un
volantino che i manifestanti si passano di mano in mano. «Questo è
un progetto poco chiaro, anzi poco trasparente - attacca il
veterinario Angelo Ruiu - La ricerca del gas è incompatibile con la
nostra realtà produttiva e con un progetto di sviluppo futuro legato
alla terra. Tra l'altro non ci sembra che esistano ricadute positive
per la popolazione».
LE
AUTORIZZAZIONI Qualche dubbio sul progetto
“Eleonora” lo ha avanzato nei giorni scorsi anche il Ministero
dell'Ambiente. «Da Roma chiedono che si faccia la Valutazione
d'incidenza ambientale perché l'impianto rientra nell'area
interessata dal progetto Life Nature, dove nidificano diverse specie
di uccelli sotto tutela - spiega la biologa Manuela Pintus - Noi
puntiamo ad ottenere anche la Valutazione d'impatto ambientale: per
legge non è obbligatoria solo perché le trivelle le vogliono
costruire a 180 metri dalla Zona di protezione speciale e dal Sito di
interesse comunitario». L'ultimo dubbio lo aggiunge l'ex sindaco di
Arborea, Bepi Costella: «Il nostro progetto per la pista ciclabile
era stato bocciato perché passava vicino allo stagno. E ora proprio
qui vogliono dare il via alla ricerca del gas?».
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