Il progetto del gigantesco gasdotto trans-amazzonico: Accresce il Salto verso l'Abisso!
da: Red Alerta Petrolera-Orinoco Oilwatch
Nel precedente comunicato della "Red Alerta Petrolera" intitolato "Il Piano Strategico della nuova PDVSA: Un nuovo Salto verso l'Abisso" (www.amigransa.blogia.com) di agosto passato, si analizzarono i mega-progetti in materia di idrocarburi che, sotto un Piano col confondente termine pubblicitario "semina petrolifera", vigente fino al 2012, il governo di Hugo Chávez ha intrapreso, col concorso di un diverso e nutrito insieme di avide imprese petrolifere transnazionali ed internazionali, che includono dalla Chevron-Texaco fino a Petrochina e Petrobras. I suddetti progetti pretendono di eseguire una massiccia estrazione petrolifera e gassosa praticamente in tutto il territorio nazionale, in terra e mare, ed anche di costruzione di nuove raffinerie ed installazioni petrolchimiche, oleodotti e gasdotti in lungo e in largo per il paese, col sogno di trasformare il Venezuela ne "la prima potenza di petrolio e gas del mondo." Il comunicato allertava sulle gravi implicazioni ecologiche che tali progetti potrebbero avere per Venezuela ed il pianeta - impatto olimpicamente disprezzato dai formulanti del Piano - . Si esigeva egualmente la paralizzazione del Piano, fino a che non ci fosse un dibattito e una consultazione nazionale sulle sue serie implicazioni. Alla luce di quanto detto, osserviamo ora con stupore, come il governo del Venezuela, con un autismo e prepotenza che sta lasciando già molto indietro l'apertura petrolifera del governo di Caldera, che in più opportunità abbiamo combattuto perché considerata lesiva ai più alti interessi nazionali, torna un'altra volta attualmente a compromettere il futuro del paese con un altro nuovo faraonico progetto che neanche venne nominato nel "piano di semina petrolifera" - in una "creatività" incessante per mantenere in bilico chiunque: quello di un gigantesco gasdotto di 8.000 km che avrebbe inizio a Caracas e finirebbe a Buenos Aires, attraversando aree tanto delicate ecologicamente ed importanti come le "humedales" orientali e il patrimonio dell'umanità dichiarata dall'Unesco: la Gran Savana in Venezuela, così come il cuore dell'Amazzonia in Brasile; col fine di fornire di gas venezuelano i paesi come Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Cile. Il costo di progetto è stato calcolato in circa 20.000 milioni di dollari, permettendo di erigere un'opera "alla pari" dell'odierno controverso gasdotto Russia-Europa, il più grande del mondo.
Ciò di cui non si parla sufficientemente nella frenetica corsa di consultazioni e pre-accordi che si è lanciato per "accaparrarsi l'Opera", attizzata da ogni tipo di chiare o meno chiare pretese geopolitiche, è degli altri costi - oltre a quello monetario - che avrebbe la faraonica infrastruttura per il futuro della vita nel continente ed il pianeta, in considerazione di tutto ciò che la gigantesca tubatura implicherebbe. Il Piano di attraversare l'Amazzonia, già dovrebbe infiammare tutti gli animi della gente preoccupata per l'ecosistema e questo importante polmone della vita nel pianeta che è la selva tropicale amazzonica, oltre ad essere il focolare dell'incalcolabile valore delle culture aborigene ancestrali. La zona ha avuto già una tragica esperienza con l'industria gassosa ed un gasdotto tristemente celebre: il gasdotto di Camisea, che si è proposto di portare gas amazzonico fino al pacifico peruviano. La menzionata tubatura, anche questa, opera di considerabili proporzioni, nella sua relativa breve vita, ha avuto già quattro grandi spargimenti di gas liquido, i quali hanno causato tanti danni all'ambiente e agli abitanti aborigeni, che l'esperienza è stata già catalogata come uno dei peggiori disastri ambientali che ci sono stati in tutte l'Amazzonia ed uno dei maggiore del mondo. I movimenti indigeni interessati ai lavori, hanno agito energicamente per bloccare l'accesso alla zona da parte degli "invasori gassosi." Inoltre, un'ampia coalizione di importanti gruppi ambientalisti tra i quali Amazon Watch, Oxfam América, Defensa Ambiental, SEEN, il Fondo Mundial para la Vida Salvaje, Amigos de la Tierra e la Alianza Amazónica, così come varie organizzazioni internazionali responsabili, hanno denunciato la situazione. Perfino figure del mondo dello spettacolo come Rubén Blades e Bianca Jagger (quest'ultima recentemente premiata col Premio Nobel Alternativo) si sono sommati alla protesta.
Ma è tanto il gas naturale, come le tubature che lo trasportano che comportano seri rischi per l'ambiente e gli esseri umani. Nozione che sembra essere completamente assente dai giganti piani di fornitura del governo di Chavez, che si incentrano molto bene in slogan come... "200 anni di gas venezuelano per tutto il Sud-america" (agli Stati Uniti le è stato offerto un po' meno: ... "150 anni '') o l'attraente offerta..."il Brasile inghiotte molto ma noi possiamo dargli tutto il gas che necessita" (quest'ultimo, recentemente lanciato dal Capo di Stato venezuelano nell'anticamera della, supposta, rubrica del gasdotto, nel recente vertice Chávez-Lula-Kirchner a Brasilia, una frase piena di uno sviluppo economico tanto incontenibile che potrebbe competere bene con il più rancido e primitivo liberismo neoliberale).
Nel precedente comunicato della "Red Alerta Petrolera" intitolato "Il Piano Strategico della nuova PDVSA: Un nuovo Salto verso l'Abisso" (www.amigransa.blogia.com) di agosto passato, si analizzarono i mega-progetti in materia di idrocarburi che, sotto un Piano col confondente termine pubblicitario "semina petrolifera", vigente fino al 2012, il governo di Hugo Chávez ha intrapreso, col concorso di un diverso e nutrito insieme di avide imprese petrolifere transnazionali ed internazionali, che includono dalla Chevron-Texaco fino a Petrochina e Petrobras. I suddetti progetti pretendono di eseguire una massiccia estrazione petrolifera e gassosa praticamente in tutto il territorio nazionale, in terra e mare, ed anche di costruzione di nuove raffinerie ed installazioni petrolchimiche, oleodotti e gasdotti in lungo e in largo per il paese, col sogno di trasformare il Venezuela ne "la prima potenza di petrolio e gas del mondo." Il comunicato allertava sulle gravi implicazioni ecologiche che tali progetti potrebbero avere per Venezuela ed il pianeta - impatto olimpicamente disprezzato dai formulanti del Piano - . Si esigeva egualmente la paralizzazione del Piano, fino a che non ci fosse un dibattito e una consultazione nazionale sulle sue serie implicazioni. Alla luce di quanto detto, osserviamo ora con stupore, come il governo del Venezuela, con un autismo e prepotenza che sta lasciando già molto indietro l'apertura petrolifera del governo di Caldera, che in più opportunità abbiamo combattuto perché considerata lesiva ai più alti interessi nazionali, torna un'altra volta attualmente a compromettere il futuro del paese con un altro nuovo faraonico progetto che neanche venne nominato nel "piano di semina petrolifera" - in una "creatività" incessante per mantenere in bilico chiunque: quello di un gigantesco gasdotto di 8.000 km che avrebbe inizio a Caracas e finirebbe a Buenos Aires, attraversando aree tanto delicate ecologicamente ed importanti come le "humedales" orientali e il patrimonio dell'umanità dichiarata dall'Unesco: la Gran Savana in Venezuela, così come il cuore dell'Amazzonia in Brasile; col fine di fornire di gas venezuelano i paesi come Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Cile. Il costo di progetto è stato calcolato in circa 20.000 milioni di dollari, permettendo di erigere un'opera "alla pari" dell'odierno controverso gasdotto Russia-Europa, il più grande del mondo.
Ciò di cui non si parla sufficientemente nella frenetica corsa di consultazioni e pre-accordi che si è lanciato per "accaparrarsi l'Opera", attizzata da ogni tipo di chiare o meno chiare pretese geopolitiche, è degli altri costi - oltre a quello monetario - che avrebbe la faraonica infrastruttura per il futuro della vita nel continente ed il pianeta, in considerazione di tutto ciò che la gigantesca tubatura implicherebbe. Il Piano di attraversare l'Amazzonia, già dovrebbe infiammare tutti gli animi della gente preoccupata per l'ecosistema e questo importante polmone della vita nel pianeta che è la selva tropicale amazzonica, oltre ad essere il focolare dell'incalcolabile valore delle culture aborigene ancestrali. La zona ha avuto già una tragica esperienza con l'industria gassosa ed un gasdotto tristemente celebre: il gasdotto di Camisea, che si è proposto di portare gas amazzonico fino al pacifico peruviano. La menzionata tubatura, anche questa, opera di considerabili proporzioni, nella sua relativa breve vita, ha avuto già quattro grandi spargimenti di gas liquido, i quali hanno causato tanti danni all'ambiente e agli abitanti aborigeni, che l'esperienza è stata già catalogata come uno dei peggiori disastri ambientali che ci sono stati in tutte l'Amazzonia ed uno dei maggiore del mondo. I movimenti indigeni interessati ai lavori, hanno agito energicamente per bloccare l'accesso alla zona da parte degli "invasori gassosi." Inoltre, un'ampia coalizione di importanti gruppi ambientalisti tra i quali Amazon Watch, Oxfam América, Defensa Ambiental, SEEN, il Fondo Mundial para la Vida Salvaje, Amigos de la Tierra e la Alianza Amazónica, così come varie organizzazioni internazionali responsabili, hanno denunciato la situazione. Perfino figure del mondo dello spettacolo come Rubén Blades e Bianca Jagger (quest'ultima recentemente premiata col Premio Nobel Alternativo) si sono sommati alla protesta.
Ma è tanto il gas naturale, come le tubature che lo trasportano che comportano seri rischi per l'ambiente e gli esseri umani. Nozione che sembra essere completamente assente dai giganti piani di fornitura del governo di Chavez, che si incentrano molto bene in slogan come... "200 anni di gas venezuelano per tutto il Sud-america" (agli Stati Uniti le è stato offerto un po' meno: ... "150 anni '') o l'attraente offerta..."il Brasile inghiotte molto ma noi possiamo dargli tutto il gas che necessita" (quest'ultimo, recentemente lanciato dal Capo di Stato venezuelano nell'anticamera della, supposta, rubrica del gasdotto, nel recente vertice Chávez-Lula-Kirchner a Brasilia, una frase piena di uno sviluppo economico tanto incontenibile che potrebbe competere bene con il più rancido e primitivo liberismo neoliberale).
La domanda obbligatoria è: In nome di chi o per conto di che cosa, si immola letteralmente in vene aperte il Venezuela per secoli, con tutto il danno all'ambiente e tutto il compromesso di sovranità-integrità del paese che con questo penetrerebbe?
Non viene detto alle popolazioni ed al mondo, che il gas naturale che si presenta come un conveniente sostituto del petrolio, per la sua maggiore abbondanza nel sottosuolo e per la maggiore domanda che c'è di questo, per "essere, certamente, un combustibile più pulito nella sua bruciatura che il petrolio" è, per l'altro lato, una fonte di energia che, come idrocarburo come anche il petrolio, causa inquinamento e distruzione e contribuisce al riscaldamento del pianeta e la generazione di disastri climatici che questo causa - con ciò, induttore contemporaneamente, tra le altre cose, dei grandi uragani distruttori e dei devastanti fenomeni piovosi.
Non si dice, nell'attuale propaganda del gasdotto, che nella perforazione per l'estrazione del gas, secondo un opuscolo della stessa industria petrolifera venezuelana PDVSA, vengono presentati "maggiori rischi operazionali" che in caso del petrolio. Non si dice neanche, che il procedimento del gas in installazioni tanto complesse come nelle piante petrolchimiche; il suo trasporto attraverso tubature o navi; e la sua bruciatura come combustibile; sono altrettanto rischiosi per l'ambiente e la salute degli esseri viventi; poiché il gas naturale per se stesso è un pericoloso agente inquinante chimico. L'esposizione degli esseri umani all'inalazione del gas o i sottoprodotti della sua combustione può causare allergie, asma e malattie respiratorie e danneggiare il sistema immunologico. Inoltre, la sua combustione è fonte di composti chimici volatili come il benzene ed il toluene, capaci di produrre cancro; come di diossido di azoto, causante di malattie respiratorie; e monossido di carbonio che diminuisce l'ossigenazione nelle cellule, e può essere causa di severi problemi cardiovascolari-circolatori. Non viene detto tutto quello che la costruzione di una gigantesca e lunga tubatura come questa esposta e la sua complementare fila di piante di compressione, penetrerebbe l'integrità di tutti gli ecosistemi naturali che attraverserebbe; richiedendo una grande deforestazione e rimozione di terra per rendere possibile il suo passaggio, come strade nuove in posti prima vergini al fine di assicurare il permanente mantenimento e vigilanza che l'opera richiederebbe perché siano "scatole di Pandora", facilitando l'accesso incontenibile di orde di predatori come cacciatori e commercianti di legname, così come invasori, agendo su aree prima protette. Non si dice che le tubature degli idrocarburi sono inesorabilmente proclivi all'usura e alla corrosione (quest'ultima particolarmente rilevante nel caso degli ambienti umidi tropicali come nella Guyana-amazzonica). Tutto questo trasformando le tubature, che in più casi porteranno a filtrazioni inquinanti o rotture con spargimenti.
Non viene detto, ancora peggio, che sono vulnerabile alla rapina, al sabotaggio e al terrorismo (i casi dalla storia riguardano: la Colombia, il Nigeria, l'Iraq; per citare suolo alcuni esempi); capaci di scardinare il loro funzionamento o flusso; ed inoltre con avverse conseguenze sull'ecosistema, includendo la possibilità di causare devastanti incendi in un bosco come quello amazzonico.
Persino, non si dice, che i grandi gasdotti sono suscettibili al ricatto o all'intimidazione da parte dei fornitori del gas se questi decidessero di tagliare la somministrazione ai destinatari per qualche conflitto politico (vedi il caso della recente "guerra del gas '' tra Russia ed Ucraina che ugualmente ha "drizzato i capelli" all'Europa perché questa risultò, anche se indirettamente, danneggiata, poiché si trattava dello stesso gasdotto Russia - Europa); e... per caso non dovremmo mettere nella stessa categoria l'incidente di pressione Chávez-Uribe sul progetto di gasdotto trans-guajiro che ci fu a causa della crisi del caso del sequestro del guerrigliero delle FARC Rodrigo Granda? Nonostante tutto, non si dice niente dei, fino ad oggi, tanto irresponsabilmente schivati rischi di "disastri naturali"(come terremoti, uragani, e perfino la minaccia di eruzioni vulcaniche e tsunami); capaci di colpire l'integrità delle tubature di gas e qualsiasi altra installazioni dell'industria degli idrocarburi - così come lo sfruttamento proprio degli idrocarburi, colpendo l'integrità dell'equilibrio geologico-climatico può contribuire, al rovescio, alla generazione di tali "disastri naturali." Questa problematica di possibili disastri naturali è di particolare importanza nel caso di regioni come il nord-oriente e nord-occidente del paese dalle quali si originerebbe eventualmente la fornitura del grande gasdotto; regioni particolarmente proclivi a un tale tipo di contingenze naturali, come l'ha riconosciuto pubblicamente l'agenzia del Governo Venezuelano, Funvisis, a carico del monitoraggio di tale tipo di eventi. Contingenze a sua volta capaci di alterare non suolo le installazioni gassose che pretendono di fornire il gasdotto sud-americano, ma anche tutta l'infrastruttura petrolchimica e l'industria petrolifera del paese. Tutto questo, capace non suolo di causare un gran danno all'ambiente venezuelano e alle sue popolazioni, ma anche di dare colpo all'affidabilità del gasdotto al sud. Non viene detto che ci potrebbero essere altre opzioni per il trasporto del gas, meno compromettenti ed onerose, come il trasporto per nave. E non si dice, in definitiva, che il modello degli idrocarburi (petrolio e gas inclusi), sta terminando la vita nel mondo e che è irresponsabile, pertanto, continuare a parlare di faraonici piani "a 200 anni"; così come è necessario mettersi molto bene a fomentare lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia con base ecologica, le uniche che possono assicurare una somministrazione di combustibile sicuro, duraturo ed ambientalmente-socialmente-economicamente-politicamente responsabile. Che tra dette fonti rinnovabili, ci sono l'energia solare, del vento, delle maree, il bio - combustibile, le mini dighe di sbarramento, ed il venturo uso dell'idrogeno, tutte fonti che devono essere sviluppate ecologicamente. Nello sviluppo di dette fonti dovrebbe centrarsi una nuova e responsabile integrazione latinoamericana. Non nello sviluppo del petrolio e gas, inquinante ed insostenibile, ai cui effetti, il mondo, ha già conosciuto e sofferto abbastanza, lo stesso sviluppo dei "nuovi piani" di integrazione regionale tipo IIRSA nei quali si va ad inquadrare il suddetto modello di integrazione energetica. Non si enfatizzerà mai troppo, inoltre, che le fonti rinnovabili di energia, a differenza del modello degli idrocarburi che tende a concentrare il potere su un alto grado e generare dipendenza, clientelismo, compera di coscienze, corruzione e minare la democrazia, tendono ad essere inerentemente decentrate e pertanto a disinibire la concentrazione di potere ed a favorire modelli politici più democratici. Per il resto, nessuna calma basata nel modello predatore degli idrocarburi, anche se pretenda di pagare un debito sociale, può essere fidata, ancora di più se genera nuovi debiti sociali ed ambientali. Per tutto ciò, il superare l'alienante egemonia del modello degli idrocarburi e di chi detiene il suo potere, è un compito vitale per garantire democrazie, economie e società sane.
Per quanto detto anteriormente esigiamo:
Non viene detto alle popolazioni ed al mondo, che il gas naturale che si presenta come un conveniente sostituto del petrolio, per la sua maggiore abbondanza nel sottosuolo e per la maggiore domanda che c'è di questo, per "essere, certamente, un combustibile più pulito nella sua bruciatura che il petrolio" è, per l'altro lato, una fonte di energia che, come idrocarburo come anche il petrolio, causa inquinamento e distruzione e contribuisce al riscaldamento del pianeta e la generazione di disastri climatici che questo causa - con ciò, induttore contemporaneamente, tra le altre cose, dei grandi uragani distruttori e dei devastanti fenomeni piovosi.
Non si dice, nell'attuale propaganda del gasdotto, che nella perforazione per l'estrazione del gas, secondo un opuscolo della stessa industria petrolifera venezuelana PDVSA, vengono presentati "maggiori rischi operazionali" che in caso del petrolio. Non si dice neanche, che il procedimento del gas in installazioni tanto complesse come nelle piante petrolchimiche; il suo trasporto attraverso tubature o navi; e la sua bruciatura come combustibile; sono altrettanto rischiosi per l'ambiente e la salute degli esseri viventi; poiché il gas naturale per se stesso è un pericoloso agente inquinante chimico. L'esposizione degli esseri umani all'inalazione del gas o i sottoprodotti della sua combustione può causare allergie, asma e malattie respiratorie e danneggiare il sistema immunologico. Inoltre, la sua combustione è fonte di composti chimici volatili come il benzene ed il toluene, capaci di produrre cancro; come di diossido di azoto, causante di malattie respiratorie; e monossido di carbonio che diminuisce l'ossigenazione nelle cellule, e può essere causa di severi problemi cardiovascolari-circolatori. Non viene detto tutto quello che la costruzione di una gigantesca e lunga tubatura come questa esposta e la sua complementare fila di piante di compressione, penetrerebbe l'integrità di tutti gli ecosistemi naturali che attraverserebbe; richiedendo una grande deforestazione e rimozione di terra per rendere possibile il suo passaggio, come strade nuove in posti prima vergini al fine di assicurare il permanente mantenimento e vigilanza che l'opera richiederebbe perché siano "scatole di Pandora", facilitando l'accesso incontenibile di orde di predatori come cacciatori e commercianti di legname, così come invasori, agendo su aree prima protette. Non si dice che le tubature degli idrocarburi sono inesorabilmente proclivi all'usura e alla corrosione (quest'ultima particolarmente rilevante nel caso degli ambienti umidi tropicali come nella Guyana-amazzonica). Tutto questo trasformando le tubature, che in più casi porteranno a filtrazioni inquinanti o rotture con spargimenti.
Non viene detto, ancora peggio, che sono vulnerabile alla rapina, al sabotaggio e al terrorismo (i casi dalla storia riguardano: la Colombia, il Nigeria, l'Iraq; per citare suolo alcuni esempi); capaci di scardinare il loro funzionamento o flusso; ed inoltre con avverse conseguenze sull'ecosistema, includendo la possibilità di causare devastanti incendi in un bosco come quello amazzonico.
Persino, non si dice, che i grandi gasdotti sono suscettibili al ricatto o all'intimidazione da parte dei fornitori del gas se questi decidessero di tagliare la somministrazione ai destinatari per qualche conflitto politico (vedi il caso della recente "guerra del gas '' tra Russia ed Ucraina che ugualmente ha "drizzato i capelli" all'Europa perché questa risultò, anche se indirettamente, danneggiata, poiché si trattava dello stesso gasdotto Russia - Europa); e... per caso non dovremmo mettere nella stessa categoria l'incidente di pressione Chávez-Uribe sul progetto di gasdotto trans-guajiro che ci fu a causa della crisi del caso del sequestro del guerrigliero delle FARC Rodrigo Granda? Nonostante tutto, non si dice niente dei, fino ad oggi, tanto irresponsabilmente schivati rischi di "disastri naturali"(come terremoti, uragani, e perfino la minaccia di eruzioni vulcaniche e tsunami); capaci di colpire l'integrità delle tubature di gas e qualsiasi altra installazioni dell'industria degli idrocarburi - così come lo sfruttamento proprio degli idrocarburi, colpendo l'integrità dell'equilibrio geologico-climatico può contribuire, al rovescio, alla generazione di tali "disastri naturali." Questa problematica di possibili disastri naturali è di particolare importanza nel caso di regioni come il nord-oriente e nord-occidente del paese dalle quali si originerebbe eventualmente la fornitura del grande gasdotto; regioni particolarmente proclivi a un tale tipo di contingenze naturali, come l'ha riconosciuto pubblicamente l'agenzia del Governo Venezuelano, Funvisis, a carico del monitoraggio di tale tipo di eventi. Contingenze a sua volta capaci di alterare non suolo le installazioni gassose che pretendono di fornire il gasdotto sud-americano, ma anche tutta l'infrastruttura petrolchimica e l'industria petrolifera del paese. Tutto questo, capace non suolo di causare un gran danno all'ambiente venezuelano e alle sue popolazioni, ma anche di dare colpo all'affidabilità del gasdotto al sud. Non viene detto che ci potrebbero essere altre opzioni per il trasporto del gas, meno compromettenti ed onerose, come il trasporto per nave. E non si dice, in definitiva, che il modello degli idrocarburi (petrolio e gas inclusi), sta terminando la vita nel mondo e che è irresponsabile, pertanto, continuare a parlare di faraonici piani "a 200 anni"; così come è necessario mettersi molto bene a fomentare lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia con base ecologica, le uniche che possono assicurare una somministrazione di combustibile sicuro, duraturo ed ambientalmente-socialmente-economicamente-politicamente responsabile. Che tra dette fonti rinnovabili, ci sono l'energia solare, del vento, delle maree, il bio - combustibile, le mini dighe di sbarramento, ed il venturo uso dell'idrogeno, tutte fonti che devono essere sviluppate ecologicamente. Nello sviluppo di dette fonti dovrebbe centrarsi una nuova e responsabile integrazione latinoamericana. Non nello sviluppo del petrolio e gas, inquinante ed insostenibile, ai cui effetti, il mondo, ha già conosciuto e sofferto abbastanza, lo stesso sviluppo dei "nuovi piani" di integrazione regionale tipo IIRSA nei quali si va ad inquadrare il suddetto modello di integrazione energetica. Non si enfatizzerà mai troppo, inoltre, che le fonti rinnovabili di energia, a differenza del modello degli idrocarburi che tende a concentrare il potere su un alto grado e generare dipendenza, clientelismo, compera di coscienze, corruzione e minare la democrazia, tendono ad essere inerentemente decentrate e pertanto a disinibire la concentrazione di potere ed a favorire modelli politici più democratici. Per il resto, nessuna calma basata nel modello predatore degli idrocarburi, anche se pretenda di pagare un debito sociale, può essere fidata, ancora di più se genera nuovi debiti sociali ed ambientali. Per tutto ciò, il superare l'alienante egemonia del modello degli idrocarburi e di chi detiene il suo potere, è un compito vitale per garantire democrazie, economie e società sane.
Per quanto detto anteriormente esigiamo:
1. Che gli accelerati piani del mega-gasdotto che si pretende di imporre a questo continente sud-americano, vengano sospesi fino a che non ci sia un dibattito autenticamente informato e democratico nella regione, circa l'egemonico modello degli idrocarburi che si pretende di imporre e "la faccia oscura" nella quale si sostenta il progetto - che irresponsabilmente è stata ignorata o non si è voluta ammettere. (Non si può chiedere un dibattito continentale sull'Alca ed ignorare l'importanza di un dibattito su un tema tanto vitale come questo).
2. In considerazione della gran portata del Progetto, convochiamo ad un'ampia ed urgente mobilitazione internazionale di movimenti sociali, di organizzazioni della società civile, di gruppi indigeni, comunità e popoli, come di organismi internazionali responsabili, al fine di allertare sui gravi rischi del tanto preteso gigantesco Gasdotto Trans-amazzonico; in salvaguardia della vita e l'ambiente, e per questo altro mondo possibile che l'umanità ed il pianeta reclamano. (Caracas, 23 gennaio 2006)
La Red Alerta Petrolera-Orinoco Oilwatch, conseguente con la sua opposizione da molti anni al paradigma egemonico degli idrocarburi, predatore corruttore e generatore di dipendenza, eleva la sua voce di denuncia ed allerta davanti ai piani della nuovo Apertura petrogasífera - dell'attuale governo. Esige un vero dibattito e consultazione nazionale su detti piani. Reitera la necessità di un'immediata moratoria allo sfruttamento degli idrocarburi in zone ambientalmente e socialmente ultra vulnerabili. Reitera l'esigenza di un Progetto di Stato compromesso, risoluto e per la transizione sincera verso una Venezuela Postpetrolifera.
Traduzione a cura del Comitato "La Madrugada"
Traduzione a cura del Comitato "La Madrugada"
Nessun commento:
Posta un commento
Lasciate qui i vostri commenti o scrivete a:
prosardegnanogasdotto@gmail.com