venerdì 13 giugno 2014

ECCO COS'E' LEGAMBIENTE!

Ecco la verita' sull'unica associazione "ambientalista" che in Sardegna sostiene il GALSI. Vediamo perche':

La principale organizzazione ambientalista italiana ha quote in alcune società, come Azzero CO2 che investe sulle fonti rinnovabili grazie anche agli incentivi pubblici e ha come clienti alcuni colossi dell'energia. Oltre ai potenziali conflitti di interesse, c'è il rischio di incompatibilità tra affari e settore non profit di utilità sociale. La replica dell'associazione: "Il nostro impegno concreto è utile a indirizzare le scelte industriali e ambientali del Paese"

Oltre 115mila tra iscritti e sostenitori. Più di 3mila giovani che partecipano ai suoi campi di volontariato. Tante iniziative a difesa di natura e territorio. Ma Legambiente non è solo questo: la più importante e influente organizzazione ambientalista italiana fa anche business. Su che cosa? Su ambiente e fonti rinnovabili, con tanto di potenziali conflitti di interesse. Ma non solo, perché Legambiente è una onlus, un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale. E secondo gli esperti interpellati da ilfattoquotidiano.it, il docente di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Milano Ugo Minneci e il consulente su legislazione e fiscalità degli enti non profit Carlo Mazzini, “una onlus non potrebbe detenere partecipazioni in grado di garantirle il controllo di società di capitali, pena la perdita dello status stesso di onlus e delle conseguenti "agevolazioni fiscali”. Senza contare che quando non è la stessa Legambiente a fare impresa, ci pensano diversi suoi dirigenti e consiglieri nazionali ad aggiungere al loro ruolo di ambientalisti quello di imprenditori.
Azzerare la CO2? Con la srl è meglio
Per combattere il surriscaldamento globale la soluzione è una: limitare le emissioni di anidride carbonica. Dall’enunciare un sacrosanto principio ambientalista a farci sopra affari il passo è breve. Tanto che il principale braccio operativo di Legambiente si chiama proprio Azzero CO2, una srl con 119mila euro di capitale sociale che offre diversi servizi, dalla consulenza in ambito energetico alla progettazione e realizzazione di impianti che sfruttano fonti rinnovabili. Il business tira, grazie anche a clienti come il colosso Enel, Edison e Sorgenia, tutti attivi nel settore energia.
Legambiente possiede direttamente il 36% della società, mentre il 15% è in mano alla fondazione Legambiente Innovazione, che per l’associazione si occupa dei premi alle imprese che sviluppano prodotti innovativi dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Gli altri due soci sono il circolo di Legambiente ‘Festambiente’ (9%) e l’associazione Kyoto Club (40%), anch’essi legati alla onlus ambientalista. I circoli, nello statuto, sono infatti definiti “organi decentrati di Legambiente”. Kyoto club invece è un’organizzazione non profit presieduta dal neo presidente di Terna Catia Bastioli che tra i propri soci ha la stessa Legambiente insieme a molte società che operano nel settore dell’energia e alle industrie dell’eolico che fanno parte dell’Anev (Associazione nazionale energia del vento). Tra i suoi scopi, si legge sul sito, c’è quello di “stimolare proposte e politiche di intervento mirate e incisive nel settore energetico-ambientale”. Fare lobby, insomma, con il supporto di Legambiente, che in Kyoto club può contare sul vice presidente Francesco Ferrante, membro del direttivo dell’organizzazione verde ed ex parlamentare del Pd.
(Infografica di Pierpaolo Balani)
Il ruolo di Legambiente nella gestione di Azzero CO2 è evidente: tutti i vertici della società fanno parte anche degli organismi dirigenti della onlus che, va detto, contano più di 400 persone. Il presidente di Azzero CO2 Giuseppe Gamba è un membro della presidenza del comitato scientifico di Legambiente, l’amministratore delegato Mario Gamberale è nel consiglio nazionale, mentre il consigliere della srl Sandro Scollato è nel direttivo nazionale e ha sostituito poco più di un mese fa un altro dirigente di Legambiente, Mario Zambrini. E gli altri due consiglieri di amministrazione? Edoardo Zanchini è il vice presidente della onlus, mentre Andrea Poggio ne è il vice direttore generale. Azzero CO2, insomma, è una diretta emanazione di Legambiente.
Niente che l’organizzazione ambientalista abbia mai tenuto nascosto. Anzi ne ha sempre fatto una ragione di vanto, visto che secondo i vertici con il business bisogna sporcarsi le mani per indirizzare le scelte industriali e ambientali del Paese. Il vice presidente Zanchini, che per Legambiente è anche responsabile del settore Energia, spiega infatti: ”Quando qualche anni fa abbiamo creato Azzero CO2, l’idea era quella di promuove il settore dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Se dobbiamo cambiare il mondo una parte di questo sforzo dobbiamo farla anche noi. Ad Azzero CO2 diamo un mandato preciso, di fare campagne che altrimenti non farebbe nessun altro, come quella per la sostituzione di coperture di amianto con il fotovoltaico. Il nostro obiettivo è fare gli interessi del Paese andando nella direzione delle rinnovabili, non far guadagnare Azzero CO2″. 
Ma c’è un rischio. Se da un lato si partecipa alla definizione delle leggi come maggiore associazione ambientalista italiana e dall’altro lato si fa impresa, per esempio grazie agli incentivi alle fonti rinnovabili, si cade nel più classico dei conflitti di interesse. E si finisce per essere accusati da altre associazioni ambientaliste, come Italia Nostra, di essere “una potente lobby con solidi legami con il mondo economico e con il mondo politico”. Del resto Legambiente ha radici ben piantate nel Pd, soprattutto negli Ecodem del suo presidente onorario Ermete Realacci, e fronde che crescono veloci nella nuova formazione Green Italia. Mentre diverse industrie, alcune del settore energia, sono state spesso generose a garantire alla onlus sponsorizzazioni e partnership.
Dirigenti della onlus in prima linea
Se non è Legambiente a fare affari attraverso Azzero CO2, a farli, o almeno a provarci, sono diversi suoi dirigenti attraverso altre società. Come nel caso del consigliere nazionale dell’associazione ambientalista Lorenzo Partesotti, che con la sua Solaris negli anni scorsi si è speso invano per la costruzione di un impianto eolico su monte dei Cucchi, sull’Appennino Bolognese. Chi realizzò lo studio di impatto ambientale favorevole al progetto, in quel caso? Ambiente italia, una srl che fino a poco più di un mese fa era socia di Azzero CO2, prima di essere sostituita dal circolo di Grosseto Festambiente. Ambiente Italia è una srl fondata tra gli altri da Realacci, che ha partecipato anche alla nascita del Kyoto club. Realacci a un certo punto ne è uscito, ma tra i proprietari di Ambiente Italia ci sono ancora ben cinque membri del vertice nazionale di Legambiente: Giulio Conte, Duccio Bianchi, Marina Alberti, Maria Berrini e ancora una volta Mario Zambrini, che oltre a essere socio è anche amministratore unico della società. E che cosa fa Ambiente Italia? Oltre a studi di impatto ambientale per la costruzione di impianti eolici per clienti come Agsm e Sorgenia, offre servizi di consulenza al gruppo Salini costruzioni e al colosso del cemento Colacem.
(Infografica di Pierpaolo Balani)
Zanchini in tutto ciò non vede alcun problema: “Siamo felici che ci sia contaminazione nel gruppo dirigente di Legambiente – spiega -. Ci sono persone che magari non la pensano come noi, lontane da noi, ma che sono interessate ai nostri temi e ai nostri obiettivi. Così facciamo in modo che facciano parte del gruppo dirigente. Noi cerchiamo di spingere in certe direzioni di cambiamento e quindi coinvolgiamo esplicitamente anche gli imprenditori”.
Ma così quelli che dovrebbero essere i soggetti controllati dagli ambientalisti finiscono per essere i clienti dei vertici della principale associazione ambientalista o, attraverso Azzero CO2, dell’associazione stessa. E gli affari vanno pure bene. Azzero CO2 nel 2013 ha realizzato ricavi per 4,6 milioni di euro e un utile di 34mila euro, limitando le conseguenze della crisi e del taglio degli incentivi sui 6,4 milioni di ricavi e i 136mila euro di utili registrati nel 2012. Ambiente Italia ha incassato nel 2012 2,1 milioni, con un utile di 129mila euro.
Un sistema di società che fa business sull’ambiente
Le ramificazioni che partono da Legambiente vanno oltre Azzero CO2. Che infatti possiede al 100% la società di servizi editoriali Qualenergia e quattro srl (Eternet Free 1, Eternet Free 2, Eternet Free 7, Eternet Free Azzero CO2) che fanno affari installando impianti fotovoltaici sui tetti, un business che gode degli incentivi pubblici e che è stato spinto anche dalla campagna di Legambiente ‘Eternet Free’, finalizzata a promuovere la sostituzione di coperture in eternit con celle fotovoltaiche. Eternit Free Azzero CO2, per esempio, nel 2012 ha realizzato impianti per un valore complessivo di quasi 600mila euro, come indicato in bilancio. Azzero CO2 possiede inoltre il 10% in Esco Lazio srl, una società con interessi nel biogas e nel fotovoltaico con ricavi che nel 2012 sono stati di 1,2 milioni di euro e con quote in altre quattro società che operano nel settore energia.
Una piccola holding, questo è anche Legambiente. Che è pure socia al 10% di Menowatt GE srl, una società che si occupa di tecnologie per l’illuminazione pubblica e per motori efficienti e che fino alla fine del 2013 era posseduta al 70% da Sorgenia, la società del gruppo Cir della famiglia De Benedetti che partecipa all’azionariato della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure, finita al centro di un’inchiesta della procura di Savona con ipotesi di reato che vanno dal disastro ambientale all’omicidio colposo. E che dovrebbe pertanto essere un nemico giurato degli ambientalisti, piuttosto che un alleato. “Abbiamo fatto dure battaglie contro le centrali a carbone di gruppi come Sorgenia o Enel – ribatte Zanchini -. Quando però queste società fanno interventi di efficienza energetica e di rinnovabili non abbiamo problemi a collaborare con loro e fare accordi che vanno nella direzione verso cui spingiamo”. Nessun imbarazzo, dunque, in Legambiente. Del resto Sorgenia ha sempre garantito alla onlus laute sponsorizzazioni e tuttora ha in pegno il 14% delle azioni di Menowatt GE. 
Ma i business di Legambiente non finiscono qui. La onlus possiede anche il 50% di Vivilitalia, una società che si occupa di turismo sostenibile, mentre il suo circolo Festambiente ha in portafoglio anche il 40% di Solaria, un’altra srl attiva nel settore delle rinnovabili. E’ stata invece chiusa Car Sharing Italia, una srl per il noleggio di vetture ecologiche messa in liquidazione dopo la perdita da 206mila euro registrata nel 2009. Da non dimenticare poi l’Editoriale la Nuova Ecologia, la società cooperativa promossa da Legambiente per pubblicare la rivista dell’associazione.
Una onlus che fa impresa? Per gli esperti è vietato
Favorire le leggi sugli incentivi alle fonti rinnovabili e poi sfruttare tali incentivi per fare affari? Di certo c’è un problema di opportunità e di potenziali conflitti di interesse. Ma non è tutto. Perché Legambiente è una organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Può una onlus fare impresa attraverso altre società, come Azzero CO2? No, secondo gli esperti contattati da ilfattoquotidiano.it. Carlo Mazzini, consulente sulla legislazione e sulla fiscalità degli enti non profit e curatore del sito Quinonprofit, spiega: “Attraverso alcune circolari l’Agenzia delle entrate ha stabilito in passato che una onlus non può avere partecipazioni tali da poter gestire, dirigere e indicare gli amministratori di una società, a meno che tale società non sia un’impresa sociale che non distribuisce gli utili”. Una regola che è in conflitto con la situazione di Legambiente e Azzero CO2, il cui statuto addirittura dà diritto ai soci “che siano associazioni ambientaliste riconosciute” di ricevere una percentuale maggiorata degli utili.
“La ratio delle indicazioni dell’Agenzia delle entrate – continua Mazzini – è che una onlus possa investire in società di capitali solo con finalità di risparmio, ma senza avere partecipazioni di controllo. In modo da evitare che si possa fare impresa con soldi che provengono da donazioni, e quindi da una fiscalità agevolata”. Analoga l’opinione di Ugo Minneci, docente di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Milano: “La onlus non si può trasformare in una sorta di capogruppo di società di capitali, altrimenti finisce per tradire la sua vocazione. E rischia di perdere lo stato di onlus e le conseguenti agevolazioni fiscali”.
Argomentazioni a cui Zanchini replica così: “La partecipazione è divisa tra diversi soggetti e noi non esprimiamo il controllo di Azzero CO2, perché il controllo lo fa il management”. Ma se il management fa parte del vertice di Legambiente? “L’accusa mi fa ridere – risponde il vice presidente della onlus -. Mario Gamberale (amministratore delegato di Azzero CO2, ndr) è un cittadino che decide di dare una mano a un’associazione ambientalista e fa parte del suo consiglio direttivo, come alcune centinaia di persone. Il management non dipende da noi. Come Legambiente esprimiamo solo gli indirizzi di Azzero CO2 per quanto riguarda le scelte sulle campagne e sulle iniziative che ci interessano. E controlliamo che non vengano fatte cose che vanno contro le nostre idee. Per esempio abbiamo posto il veto sulla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra”. Parole che di certo non negano la partecipazione di Legambiente alla gestione della società.

mercoledì 4 giugno 2014

Reati ambientali, la legge che fa saltare i processi. E la grande industria ringrazia

Porto Tolle, Tirreno Power, Ilva: per magistrati ed esperti di diritto il testo in discussione al Senato sembra scritto appositamente per limitare le indagini e mettere a rischio procedimenti in corso. Il Pd si divide. Realacci parla di "eccesso di critica dei magistrati", Casson bolla il testo come un "regalo alle lobby".

LA GRANDE TRUFFA DELLA LEGGE SUI REATI AMBIENTALI

Inizia in Campania ma interessa anche la Sardegna. Di seguito il comunicato stampa che il CO.RE.Ri. - Coordinamento Regionale rifiuti Campania ha condiviso con altre realtà territoriali regionali e nazionali in merito all'iter legislativo del testo di legge sui reati ambientali.

contatti@rifiuticampania.org
http:// www.facebook.com/CoordinamentoRegionalerifiutiCampania



LA GRANDE TRUFFA DELLA LEGGE SUI REATI AMBIENTALI
Gli anni di lotta sul tema della tutela ambientale, le mobilitazioni di massa, la grande scossa alle coscienze della società civile, non sono bastati al mondo politico-istituzionale per slegarsi dalle logiche di collusione e sottomissione agli interessi lobbistici che da sempre lucrano sulla devastazione ambientale e sullo sfruttamento dei territori.
Il disegno di Legge 1345, sintesi delle due proposte Micillo-Realacci,licenziato alla Camera e da qualche mese in discussione nelle Commissioni Ambiente e Giustizia al Senato, doveva recepire l’articolo 3 della direttiva europea 99/2008, introducendo nel nostro codice penale i delitti sull’ambiente: da quello di “inquinamento dell’ambiente” fino a quello ben più grave di “disastro ambientale”, colmando così un vuoto legislativo a cui finora si è sopperito con le sanzioni previste per i delitti contro la pubblica incolumità (art. 434 del codice penale) e che, grazie all’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale, è divenuto in materia ambientale “disastro innominato”. In tal modo, con norme  efficaci, dissuasive e mirate all’incriminazione del pericolo concreto e del danno, si sarebbero dovuti colpire penalmente i reati ambientali, in un contesto più efficace e meglio orientato contro atti offensivi dell’ambiente e della salute umana.
QUEL TESTO RISCHIA INVECE DI DIVENTARE IL SALVACONDOTTO PER QUALSIASI CRIMINE AMBIENTALE!!!
Fino ad oggi, a fatica, i magistrati potevano applicare, con interpretazione estensiva, la fattispecie del “disastro innominato” qualificandolo come comportamento offensivo che produce un danno dell’ambiente; questo potrebbe paradossalmente non essere più possibile a causa di un testo che è stato strutturato e manipolato per diventare il lasciapassare di violazioni gravissime.
Le ragioni che ravvediamo, confortate anche dall’opinione di autorevoli magistrati che denunciano il rischio di impossibilità di applicazione di quelle norme, sono molteplici:
  • La definizione di “disastro ambientale” si sarebbe dovuta basare su contenuti chiari e processabili quali l’effettiva capacità diffusiva/offensiva del danno ambientale prodotto; la sua straordinarietà quale atto grave e complesso, non necessariamente foriero di danni irreversibili, ma con prorompente diffusione; l’accadimento di dimensioni straordinarie, anche se non immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi e dunque idoneo a causare un pericolo concreto per la vita o l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone, senza che peraltro sia richiesta anche l'effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti (Corte Costituzionale - 1 Agosto 2008, sentenza n. 327 ed altre).
    L’attuale disegno di legge definisce invece “disastro ambientale” “l'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema”, fatto di per sé assai difficile se non impossibile da dimostrare data la totale aleatorietà del concetto che meglio si sposerebbe con quello di persistenza nel tempo ed estensione del danno.
  • Si subordina la punibilità del reato di “inquinamento ambientale”a violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative spesso poco severe ed insufficienti a garantire la tutela della salute; per quello di “disastro ambientalesi estende il reato anche alla eventuale ed assai vaga casistica di inquinamento “abusivo” depotenziando di fatto la portata e l’efficacia di entrambe le norme. In altre parole, potrebbe diventare impossibile procedere, come pure avvenuto ad es. per la centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure, al sequestro di un impianto se le sue emissioni pur inquinando e mettendo in pericolo la salute degli abitanti di quel territorio, non sono in violazione della legge o delle continue deroghe in essa contenute.

  • Il reato di disastro ambientale viene nei fatti configurato solo come reato di danno e non più di pericolo concreto (quando lo si correla all' “offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l'estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o esposte al pericolo”). Per poter quindi accertare il nuovo reato di disastro ambientale si dovrebbero poter produrre dati certi sull’estensione ed il numero delle persone coinvolte nonché la incontrovertibile correlazione tra decessi, malattie o offese e gli eventi inquinanti, ma la realtà dimostra, come nel caso dell’amianto, che il disastro può restare “invisibile” a lungo prima che emergano i segnali della compromissione dell’ambiente e della salute della collettività.

  • Si introduce il ravvedimento operoso con beneficio di riduzione di pena (fino ai due terzi) per l’inquinatore che si dichiari d’accordo ad operare una bonifica dei luoghi. Nella migliore delle ipotesi si tratta di una norma tesa a favorire finte strategie di “ravvedimento” per lasciare nei fatti le cose come sono; nella peggiore si prefigura un condono che, combinato con quanto disposto nell’art 4 del decreto ‘Destinazione Italia’, e cioè con la possibilità per chi inquina di stipulare accordi di programma “per l’attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nei siti di interesse nazionale (SIN)”, sottoscrivendo i quali potrà usufruire di contributi pubblici e vantaggi fiscali, sancisce, in contrasto al principio di “chi inquina paga”, il principio che chi inquina non rischia niente, anzi sarà ripagato. Unulteriore favore a chi hainteresse a continuare a speculare su quelle aree (si pensi solo al pullulare di centri commerciali) o a buttarsi nel business della produzione della cosiddetta Green Energy premiata dal nuovo pacchetto di incentivi o ancora al cambiamento della destinazione d’uso di aree o territori agricoli a favore delle coltivazioni no food destinate ad alimentare impianti a biomasse.
Non meno preoccupante è la seconda parte del disegno di legge “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” introdotta per il Testo unico ambientale che si applica “alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali”. Anche in questo caso siamo davanti ad un condono mascherato, per di più facilitato dal fatto che nella maggior parte dei casi i reati ambientali, anche le stesse discariche illegali di rifiuti tossici, non producono un danno immediato. Basterà dunque seguire le prescrizioni indicate dalla polizia giudiziaria e pagare una sanzione pari ad un quarto del massimo della contravvenzione per sanare l’illecito e procederne all’archiviazione.  
Ma quello che è più grave è che si carichi la polizia giudiziaria di compiti di carattere tecnico/amministrativo estranei alla sua funzione e alle sue competenze, rendendo ancora più inefficace l’opera di prevenzione sul territorio e l’accertamento reale dei danni. Infatti, a differenza della procedura sin qui adottata, la polizia giudiziaria (carabinieri, guardia forestale, ecc.) da braccio esecutivo della magistratura si trasformerà in un organo di valutazione delle violazioni, impartendo al responsabile del reato le prescrizioni tecniche e i tempi di risistemazione ambientale, accerta il loro effettivo adempimento e riscuote la contravvenzione comunicando al PM l’estinzione del reato affinché ci sia l’archiviazione.
È facilmente immaginabile, alla luce anche della possibilità data al responsabile del reato di eliminare le conseguenze pericolose con modalità diverse da quelle prescritte, come questo possa favorire finte bonifiche, se non addirittura fenomeni, non estranei sui nostri territori, di collusione e complicità.
Per tutte queste ragioni questo testo legislativo RISCHIA DI RIVELARSI UN VERO E PROPRIO BOOMERANG PER LE COMUNITÀ LOCALI IN LOTTA DA ANNI ED UN TOCCASANA PER LE LOBBIES INQUINATRICI.
Se dovesse passare così com’è, gli effetti nefasti di questa sanatoria li vedremmo immediatamente sui processi in corso per disastri come quelli di Porto Tolle, Vado Ligure e Taranto. Grandi inquinatori come Enel, Tirreno Power, Ilva, Eni, che, non a caso, guardano con approvazione al disegno di legge, potranno usare queste nuove norme per difendersi nelle aule di tribunale. E’ vergognoso che tutte le forze politiche,  comprese quelle che più hanno sbandierato propagandisticamente la necessità di colpire chi inquina, si facciano garanti dell’impunità di chi mette quotidianamente in pericolo la salute dei cittadini.
I COMITATI E LE REALTA’ CHE SONO IMPEGNATE CONCRETAMENTE IN CAMPANIA CONTRO LA PERDURANTE DEVASTAZIONE AMBIENTALE ED A FAVORE DELLA TUTELA DEI PROPRI TERRITORI RESPINGONO IN TOTO UN TESTO CHE ANCORA UNA VOLTA MOSTRA LA SUBALTERNITÀ DELLA POLITICA ALLE LOBBIES DEI POTENTATI INDUSTRIALI E FINANZIARI.
 
MAI PIU’ REGALI AGLI INQUINATORI, MAI PIU’ REGALI AI CRIMINALI!!!

Napoli 3/6/2014

Sottoscrivono il documento:
CITTADINI CAMPANI PER UN PIANO ALTERNATIVO DEI RIFIUTI
COMITATO NO INCENERITORE GIUGLIANO
CCF Coordinamento Comitati Fuochi
Coordinamento No inceneritori – Ponticelli
CO.RE.Ri. - Coordinamento Regionale Rifiuti Campania
FEDERAZIONE ASSOCAMPANIAFELX - Giugliano Acerra Nola
RETE CAMPANA SALUTE E AMBIENTE
RETE COMMONS
Associazione PeaceLink
Comitato Taranto Futura
Brindisi Bene Comune
Am.be.com - Presidio no discarica (Falcognana)
Legamjonici contro l'inquinamento
NoSmog (Trieste)
Crotone ci mette la faccia