domenica 30 agosto 2015
martedì 4 agosto 2015
Piano energetico regionale sardo – la messinscena della consultazione pubblica
Siamo
dinanzi all'ennesima consultazione pubblica sul Piano energetico
regionale. Considerato che il nostro Comitato ha gia' partecipato
piu' volte e inutilmente al cosidetto
"coinvolgimento dei cittadini nelle scelte programmatiche del governo
regionale", ci preme svolgere alcune considerazioni, prendendo spunto
dalla chiara nota di Antonio Muscas che alleghiamo qui di seguito.
In merito
ai "processi di consultazione pubblica" avviati dalla Regione Sardegna
in vari ambiti, rileviamo purtroppo che il problema principale - a
parte la mancanza di comunicazione, l'assenza totale di informazioni
e il tempo limitatissimo per presentare pareri - è che dei
pareri forniti dai cittadini, dalle associazioni, dai comitati,
etc..Non se ne tiene affatto conto e servono soltanto a far vedere
che consultazione c'è stata.
Soprattutto
davanti all'UE che, peraltro, nella nuova programmazione da al partenariato un ruolo ancora più importante e verifica che questo sia
stato coinvolto veramente nel processo di decisione. E' per tale
motivo che leggiamo sul sito della Regione cose del genere:
- ............Il Partenariato è un attore molto importante delle politiche di sviluppo finanziate dall’Unione europea. Riunisce le forze economico-sociali attive sul territorio e rappresentative della realtà locale: istituzioni, associazioni di categoria e sindacali, rappresentanti della società civile quali, ed esempio, associazioni ambientali, organizzazioni non governative, organismi responsabili della promozione dell’uguaglianza e della non discriminazione.
- Con l’avanzare dei cicli di programmazione comunitaria, il ruolo del Partenariato ha acquistato sempre maggiore rilevanza, fino a diventare – nel periodo 2014-2020 – uno strumento fondamentale per la realizzazione della strategia "Europa 2020".
- I Regolamenti comunitari comunitari 2014-2020 rimarcano infatti la necessità di coinvolgere gli stakeholders, ovvero i portatori di interesse in tutto il ciclo della policy: dalla preparazione del Programma, alle diverse fasi della sua attuazione, dal monitoraggio dei progetti e delle procedure, alla valutazione dei risultati.
Ed
ecco due link dove si tenta di convincere i cittadini sardi che
l'approccio regionale e' realmente partecipato e che questi contano
veramente qualcosa:
Bello
vero? E invece, purtroppo, si tratta solo di un gran specchietto
per le allodole. Infatti ti viene quasi da crederci! Tu partecipi
ingenuamente al "processo decisionale", presenti la tua
proposta, fai le tue osservazioni, vai ai convegni, etc... Ebbene: il
tuo impegno diventa solo e unicamente materiale da mostrare
alla Commissione Europea per documentare e provare che c'e'
stato il coinvolgimento dei cittadini e che le procedure sono state
rispettate!!!
Oltre
a cio', il fatto sostanziale però è, appunto, che
quest'ennesima consultazione sul PEARS, qualora vi fosse
anche il tempo e l'informazione opportuna, di fatto non entrerebbe comunque nella programmazione reale che viene decisa, come sempre, a
livello esclusivamente "politico" e.......quindi.....: ci
sentiamo tutti "presi in giro"!
*****
Condividiamo
questa nota di Antonio
Muscas che ben
rappresenta anche la posizione del Comitato ProSardegnaNoGasdotto in
merito alla recente "consultazione" sul Piano Energetico
avviata dall'amministrazione regionale.
Piano
energetico regionale sardo – la messinscena della consultazione
pubblica
La
Regione Sardegna attraverso il sito http://www.sardegnapartecipa.it
invita i cittadini a partecipare ad una consultazione pubblica per
elaborare il nuovo piano energetico regionale, al fine di abbandonare
definitivamente “i vecchi modelli di pianificazione energetica e
industriale che non sono riusciti a produrre ricadute economiche e
occupazionali ma hanno invece generato pesanti effetti distorsivi, e
sull’adesione a un modello funzionale alla competitività e
al rilancio del sistema socio-economico regionale, sfruttando appieno
gli sviluppi che derivano dal nuovo paradigma dell’economia
condivisa”.
La
consultazione è iniziata il 23 Luglio e le proposte vanno
presentate entro l’8 Agosto 2015, quindi sono stati messi a
disposizione la miseria di 15 giorni dalla data di
pubblicazione.
Ora, premesso che in soli 15 giorni, senza preavviso e senza nessun processo di formazione e informazione preventivo adeguato, è piuttosto illusorio presentare proposte che possano andare un po’ più in la del ridicolo, vorrei spendere alcune parole sul merito della proposta della giunta regionale.
Iniziamo quindi dal chiederci: come si fa un piano energetico?
Per prima cosa è necessario conoscere lo stato attuale delle cose. Operazione non semplice in quanto implica l’attivazione di un apposito gruppo di lavoro che se ne occupi. Parlare di energia, come bene si sa, non significa limitarsi alla produzione elettrica: è necessario conoscere ogni forma di consumo di energia per tutti i settori. Quindi, per grandi aree, stiamo parlando almeno di: consumo pubblico, domestico, industriale, agricolo e trasporti. Ogni settore va poi suddiviso a sua volta in sottosettori e, ad esempio, per quello domestico avremo: consumo elettrico, gas, legna, pellet, cippato, gasolio, solo per citare i più importanti. Del consumo elettrico per uso domestico è necessario conoscere le rispettive quote per: riscaldamento, raffrescamento, acqua sanitaria, cottura cibi, ecc., a cui va aggiunta la quota di autoproduzione e autoconsumo. Relativamente al consumo di legna, pellet e cippato per riscaldamento, dovremmo conoscerne anche la provenienza. Stesso discorso va applicato agli altri settori. Solo in questo modo avremmo la fotografia esatta dei consumi e degli approvvigionamenti energetici. In Sardegna, al momento, solo la provincia del Medio Campidano ha effettuato qualche anno fa uno studio di questo tipo. Studio che non è stato aggiornato però e che quindi può fornire solo qualche indicazione di massima.
Ciò detto, il piano energetico deve nascere come conseguenza di un piano strategico generale. Per cui, per quest’ultimo, ripetendo la logica esposta per il piano energetico, è necessario prioritariamente conoscere lo stato dell’arte di tutti i settori energivori. Tutto ciò fatto, e non è una passeggiata, si passa alla fase due, dove si incontra il primo grosso ostacolo, quello della pianificazione. Pianificare significa progettare il territorio per le prossime decadi, e il tipo di pianificazione dipende necessariamente dall’orientamento politico di chi se ne occupa. Per cui, un neoliberista impronterà la pianificazione puntando alla massimizzazione dei consumi e dello sfruttamento delle risorse (incluse quelle umane), mentre un ambientalista con attenzione verso i suoi simili passati, presenti e futuri, impronterà il piano sulla gestione razionale delle risorse e sull’abbattimento dei consumi da conseguire attraverso l’efficientamento energetico e la ricerca di modelli sociali e stili di vita alternativi; in altre parole si muoverà soprattutto rimettendo in discussione il modello sociale attuale. Qual è allora l’orientamento in termini di autoproduzione e autoconsumo? Giusto per fare qualche esempio, quale la preferenza tra finanziamenti per mega impianti di produzione e finanziamenti per l’efficientamento energetico? Quale la scelta tra trasporto pubblico e trasporto privato? o fra trasporto su gomma e trasporto su rotaia?
In maniera alquanto improbabile, supponendo che il nostro governo regionale volesse realmente intraprendere la seconda strada, dovrebbe, per ogni settore, elaborare una strategia, pianificarne cioè lo sviluppo nel tempo, porsi degli obbiettivi e misurare, sulla base dei risultati attesi, quali sono i consumi calcolati.
Altro punto fondamentale è la gestione della fase transitoria: come si perseguono gli obbiettivi? Attraverso quali percorsi? Sulla gestione del transitorio gli scontri a tutti i livelli sono sempre stati importanti e drammatici perché la semplice condivisione degli ideali e degli obbiettivi non corrisponde alla condivisione delle strategie per il loro conseguimento. Anche in questo caso quindi ci si ritrova di fronte ad un grosso ostacolo da superare e bisognerà trovare un accordo tra chi ritiene doveroso cambiare repentinamente rotta e chi dirà che i cambiamenti si effettuano adagio. Tra i due litiganti sarà necessario, inoltre, l’intervento e il supporto dei tecnici che dovranno fornire valutazioni sulla reale percorribilità pratica delle linee proposte.
Mi pare ovvio, in tutti i casi, che un governo regionale che vuole pianificare il territorio non può precedentemente dare il via libera alle speculazioni eoliche e fotovoltaiche, ai progetti di nuove centrali a carbone e a nuovi inceneritori e, solo successivamente, annunciare che vuole dotarsi di un piano energetico. È evidente la presa per i fondelli! E lo è ancora di più quando, di fronte al lavoro immane che si dovrebbe realizzare, offre giusto quindici giorni di tempo ai cittadini per presentare proposte che solo uno staff di esperti (agrari, sociologi, archeologi, fisici, ingegneri, ecc.), sotto le direttive di un progetto politico preciso, potrebbe portare avanti in un tempo quantificabile in svariati mesi e non certo in 15 giorni.
Ora, premesso che in soli 15 giorni, senza preavviso e senza nessun processo di formazione e informazione preventivo adeguato, è piuttosto illusorio presentare proposte che possano andare un po’ più in la del ridicolo, vorrei spendere alcune parole sul merito della proposta della giunta regionale.
Iniziamo quindi dal chiederci: come si fa un piano energetico?
Per prima cosa è necessario conoscere lo stato attuale delle cose. Operazione non semplice in quanto implica l’attivazione di un apposito gruppo di lavoro che se ne occupi. Parlare di energia, come bene si sa, non significa limitarsi alla produzione elettrica: è necessario conoscere ogni forma di consumo di energia per tutti i settori. Quindi, per grandi aree, stiamo parlando almeno di: consumo pubblico, domestico, industriale, agricolo e trasporti. Ogni settore va poi suddiviso a sua volta in sottosettori e, ad esempio, per quello domestico avremo: consumo elettrico, gas, legna, pellet, cippato, gasolio, solo per citare i più importanti. Del consumo elettrico per uso domestico è necessario conoscere le rispettive quote per: riscaldamento, raffrescamento, acqua sanitaria, cottura cibi, ecc., a cui va aggiunta la quota di autoproduzione e autoconsumo. Relativamente al consumo di legna, pellet e cippato per riscaldamento, dovremmo conoscerne anche la provenienza. Stesso discorso va applicato agli altri settori. Solo in questo modo avremmo la fotografia esatta dei consumi e degli approvvigionamenti energetici. In Sardegna, al momento, solo la provincia del Medio Campidano ha effettuato qualche anno fa uno studio di questo tipo. Studio che non è stato aggiornato però e che quindi può fornire solo qualche indicazione di massima.
Ciò detto, il piano energetico deve nascere come conseguenza di un piano strategico generale. Per cui, per quest’ultimo, ripetendo la logica esposta per il piano energetico, è necessario prioritariamente conoscere lo stato dell’arte di tutti i settori energivori. Tutto ciò fatto, e non è una passeggiata, si passa alla fase due, dove si incontra il primo grosso ostacolo, quello della pianificazione. Pianificare significa progettare il territorio per le prossime decadi, e il tipo di pianificazione dipende necessariamente dall’orientamento politico di chi se ne occupa. Per cui, un neoliberista impronterà la pianificazione puntando alla massimizzazione dei consumi e dello sfruttamento delle risorse (incluse quelle umane), mentre un ambientalista con attenzione verso i suoi simili passati, presenti e futuri, impronterà il piano sulla gestione razionale delle risorse e sull’abbattimento dei consumi da conseguire attraverso l’efficientamento energetico e la ricerca di modelli sociali e stili di vita alternativi; in altre parole si muoverà soprattutto rimettendo in discussione il modello sociale attuale. Qual è allora l’orientamento in termini di autoproduzione e autoconsumo? Giusto per fare qualche esempio, quale la preferenza tra finanziamenti per mega impianti di produzione e finanziamenti per l’efficientamento energetico? Quale la scelta tra trasporto pubblico e trasporto privato? o fra trasporto su gomma e trasporto su rotaia?
In maniera alquanto improbabile, supponendo che il nostro governo regionale volesse realmente intraprendere la seconda strada, dovrebbe, per ogni settore, elaborare una strategia, pianificarne cioè lo sviluppo nel tempo, porsi degli obbiettivi e misurare, sulla base dei risultati attesi, quali sono i consumi calcolati.
Altro punto fondamentale è la gestione della fase transitoria: come si perseguono gli obbiettivi? Attraverso quali percorsi? Sulla gestione del transitorio gli scontri a tutti i livelli sono sempre stati importanti e drammatici perché la semplice condivisione degli ideali e degli obbiettivi non corrisponde alla condivisione delle strategie per il loro conseguimento. Anche in questo caso quindi ci si ritrova di fronte ad un grosso ostacolo da superare e bisognerà trovare un accordo tra chi ritiene doveroso cambiare repentinamente rotta e chi dirà che i cambiamenti si effettuano adagio. Tra i due litiganti sarà necessario, inoltre, l’intervento e il supporto dei tecnici che dovranno fornire valutazioni sulla reale percorribilità pratica delle linee proposte.
Mi pare ovvio, in tutti i casi, che un governo regionale che vuole pianificare il territorio non può precedentemente dare il via libera alle speculazioni eoliche e fotovoltaiche, ai progetti di nuove centrali a carbone e a nuovi inceneritori e, solo successivamente, annunciare che vuole dotarsi di un piano energetico. È evidente la presa per i fondelli! E lo è ancora di più quando, di fronte al lavoro immane che si dovrebbe realizzare, offre giusto quindici giorni di tempo ai cittadini per presentare proposte che solo uno staff di esperti (agrari, sociologi, archeologi, fisici, ingegneri, ecc.), sotto le direttive di un progetto politico preciso, potrebbe portare avanti in un tempo quantificabile in svariati mesi e non certo in 15 giorni.
Un
progetto serio lo dovrebbero condurre avviando reali processi
partecipativi e tenendo conto di tutti i fattori fondamentali, di cui
quello ingegneristico sarebbe solo di second’ordine. E mi riferisco
alle valutazioni sugli impatti e ai monitoraggi di tipo ambientale,
paesaggistico, sanitario e sociale che devono accompagnare un
progetto politico serio; a differenza di una farsa come quella che il
peggior governo regionale di sempre vuole presentarci come volontà
di agire nel bene della collettività.
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