di Alessio Fabbiano (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Le rivolte che stanno interessando i paesi del Maghreb contengono, insieme alle spinte per la democratizzazione delle istituzioni e per una maggiore distribuzione della ricchezza nazionale, una componente geopolitica di grande significatività nelle relazioni internazionali: la disponibilità di risorse energetiche tradizionali, petrolio e gas. L’importanza di tale componente tende a crescere in direzione direttamente proporzionale rispetto alla dimensione occupata nel mercato energetico mondiale da un soggetto esportatore di idrocarburi. Il caso dell’Algeria rappresenta un termine di confronto tanto essenziale quanto attuale nel comprendere i possibili effetti delle forze politico-economiche interne sul mercato internazionale delle due maggiori commodities energetiche verso cui convogliano plurimi interessi extraregionali. Il profilo socio-politico dell’Algeria presenta quegli elementi di instabilità che rischiano di provocare una frana istituzionale, come nel caso della Tunisia, dell’Egitto e della Libia e che in parte si sono già manifestati agli esordi del movimento di protesta che ha coinvolto tutta la fascia araba settentrionale del continente africano. Paradossalmente, il rischio di crackdown istituzionale nell’ex colonia francese, malgrado sia particolarmente elevato e subisca l’effetto domino di realtà regionali simili, appare ancora frenato da una più ampia ripartizione rispetto ad altri stati del Maghreb degli introiti erariali, derivanti in gran parte dall’esportazione di idrocarburi. Dopo le forti proteste popolari, la concentrazione della ricchezza è stata ulteriormente delimitata dalle autorità di Algeri con il varo di una serie di riforme sociali ed economiche dirette ad arginare quelle forze (disoccupazione, povertà, inflazione, emarginazione) che alimentano il malcontento e causano la contestazione di un sistema politico non libero sostenuto dai militari. La protesta sociale per una più equa divisione degli economic goods (welfare state, reddito, lavoro, accesso ai servizi, trasferimenti sociali) si salda con l’inadeguatezza democratica e la richiesta di più political goods (libertà civili e politiche, apparati democratici, infrastrutture, sicurezza, sistemi di benessere come quello educativo, sanitario, assistenziale). Lo iato tra domande socio-economiche e risposte politiche può causare un cortocircuito istituzionale in Algeria, la cui economia è poco differenziata, si basa sull’esportazione di risorse fossili, è fortemente accentrata, danneggiata da un alto indice di corruzione che non rende fluidi gli investimenti e la diversificazione ed è inadatta nel dare risposte alle nuove esigenze provenienti da una popolazione molto giovane.
Le recenti agitazioni in Algeria, così come quelle degli altri paesi del Nordafrica, si sono manifestate dopo un prolungato calo degli introiti derivanti dall’export di idrocarburi dovuto alla depressione della domanda internazionale. La crisi economica mondiale ha interessato meno le economie emergenti sotto l’aspetto macroeconomico, ma i suoi risvolti sono stati particolarmente infausti nelle realtà, come quella algerina, che presentano un basso tasso di diversificazione produttiva e alte performances di vendita di risorse petrogasifere. In Algeria, le cui esportazioni sono dominate dagli idrocarburi (97,6% del volume totale), il declino della domanda mondiale di risorse energetiche ha avuto ricadute sfavorevoli sulle entrate statali (meno 42,5% tra 2008 e 2009). Questo declino ha generato una flessione sensibile della bilancia commerciale, passata da un surplus di 39,1 miliardi di dollari nel 2008 a un molto più contenuto livello di 6,3 miliardi di dollari nel 2009. La diminuzione di risorse disponibili in un sistema economico fortemente accentrato e deviato da pratiche di corruzione ha determinato la destabilizzazione politico-sociale dell’Algeria. Componendosi con la caduta del regime in Tunisia, lo sgretolamento di quello in Libia e la riconfigurazione del sistema politico in Egitto, la situazione precaria dello scenario algerino ha un impatto diretto anche a livello macroregionale e, nello specifico, per quei paesi come l’Italia che hanno costruito legami commerciali vieppiù stretti con il bacino energetico algerino.
L’Algeria costituisce una base produttiva e distributiva strutturata degli idrocarburi. Dal 2005 essa ha prodotto in media 84,5 milioni di tonnellate di greggio potendo contare su 12,2 miliardi di barili di riserve. Nel comparto del gas Algeri si propone, grazie anche alla sua favorevole collocazione geografica a ridosso dell’Europa, quale principale polo produttivo e di smistamento del gas diretto verso il continente europeo. Con una produzione media di gas dal 2005 di 76,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalente e riserve di 4,5 triliardi di metri cubi, l’Algeria sta diventando un nucleo nevralgico nella produzione e distribuzione di gnl e uno dei più grandi centri mondiali del comparto gasifero. Il paese maghrebino ha un ruolo marginale nell’output di greggio su scala globale, mentre detiene una posizione più rilevante nella produzione gasifera (ottavo produttore mondiale). Algeri possiede un network gasifero composto da oltre 7.500 km di condutture, da pipeline nazionali, transnazionali e transmediterranee e da decine di stazioni di compressione. Per queste ragioni una possibile crisi politica in Algeria seguita da un blocco temporaneo delle forniture, potrebbe alterare gli equilibri internazionali dell’interscambio di gas e infiammare i prezzi che sinora si sono mantenuti su livelli medio-bassi a causa di una domanda mondiale vischiosa. Tra le principali destinazioni “gasifere”, insieme a Stati Uniti, Spagna, Francia, figura anche l’Italia che trae il 31% del fabbisogno nazionale di gas dai giacimenti algerini. Per un’economia come quella italiana fortemente dipendente dagli idrocarburi (l’85% dell’energia deriva da queste fonti), lo scenario algerino, alla luce dell’instabilità che percorre l’intero arco nordafricano, diventa un punto cruciale per le forniture energetiche. La strategicità energetica algerina investe direttamente l’Europa e, in particolare, l’economia italiana. Il mantenimento della stabilità politica è imprescindibile per la continuità e la diversificazione dell’approvvigionamento italiano.
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