Seppur con qualche giorno di ritardo, il quotidiano L'Unione Sarda del 31 gennaio pubblica la nostra replica alle dichiarazioni rilasciate dal Signor Potì sul gasdotto GALSI.
Il Comitato ProSardegnaNoGasdotto replica alle dichiarazione del presidente del Galsi: «Roberto Potì non ha detto proprio tutto».
Dopo l'intervento del consigliere comunale Monica Fois, anche il "Comitato ProSardegna NoGasdotto", risponde alle dichiarazioni rilasciate dal presidente del consorzio Galsi, Roberto Potì, intervistato il 24 gennaio scorso nelle pagine di Economia. "Riguardo i costi dell'opera è fondamentale puntualizzare che i 3 miliardi (circa) di euro a cui Roberto Potì si riferisce sono quelli destinati a coprire i soli costi per la realizzazione del tracciato e la posa della condotta che - ci sembra utile ricordare - taglia in due l'intera Sardegna per portare il gas in Italia ed Europa. Potì però non specifica che, se i sardi vorranno beneficiare di quel gas, dovranno farsi carico dei costi per collegarsi alla condotta principale: altri 4 miliardi di euro. Finanziamenti di cui non esiste traccia nel bilancio regionale, nazionale e tantomeno europeo. Così come non esiste traccia dei progetti delle ipotetiche reti locali di collegamento per le quali l'iter procedurale, se tutto andasse bene, richiederebbe come minimo altri 6 anni. In merito all'impatto della struttura, è opportuno informare l'opinione pubblica che il gasdotto Galsi ha sì ottenuto la valutazione di impatto ambientale (Via) da parte del ministero dell'Ambiente ma con circa 150 prescrizioni, limitazioni e autorizzazioni in sospeso - anche vincolanti - e che la gran parte di queste riguardano proprio l'impatto ambientale sul nostro territorio. È sufficiente collegarsi al nostro blog (www.prosardegnanogasdotto.blogspot.com) per smentire, attraverso le immagini di costruzione dei gasdotti, le affermazioni di Potì. Non soltanto la stazione di compressione di Olbia, ma anche quelle di misurazione fiscale di San Giovanni Suergiu e di rilancio del gas di Paulilatino sono di forte impatto sul territorio, e tali da compromettere irrimediabilmente quelle aree. Inoltre, il rappresentante della Galsi si guarda bene dal citare i 38 punti di allaccio dislocati lungo i 272 chilometri del tracciato: uno ogni 7 km. Cabine di conversione che occupano una superficie di un ettaro e mezzo ciascuno e dalle quali partirebbero le diramazioni verso le reti cittadine. Infine, le "rassicurazioni" riguardo il ventilato risparmio dei sardi. Affermazioni che non solo non corrispondono ai dati ed alle analisi del mercato internazionale del gas forniti dalla Commissione europea e dagli stessi operatori algerini ma, intanto, non sono contemplate nelle carte progettuali del gasdotto e, soprattutto, non rientrano nelle competenze di Galsi. Riguardo la situazione del Paese africano, il Comitato evidenzia che sono gli stessi autorevoli esperti algerini - consulenti del presidente e del ministro dell'Energia - a metterci in guardia dal fatto che il sistema economico del loro Paese dipende esclusivamente dal loro gas e che, allo stato ed al costo attuale, sono in grado di assicurare il rispetto degli impegni internazionali assunti per non più di 15 anni".
Il Comitato ProSardegnaNoGasdotto replica alle dichiarazione del presidente del Galsi: «Roberto Potì non ha detto proprio tutto».
Dopo l'intervento del consigliere comunale Monica Fois, anche il "Comitato ProSardegna NoGasdotto", risponde alle dichiarazioni rilasciate dal presidente del consorzio Galsi, Roberto Potì, intervistato il 24 gennaio scorso nelle pagine di Economia. "Riguardo i costi dell'opera è fondamentale puntualizzare che i 3 miliardi (circa) di euro a cui Roberto Potì si riferisce sono quelli destinati a coprire i soli costi per la realizzazione del tracciato e la posa della condotta che - ci sembra utile ricordare - taglia in due l'intera Sardegna per portare il gas in Italia ed Europa. Potì però non specifica che, se i sardi vorranno beneficiare di quel gas, dovranno farsi carico dei costi per collegarsi alla condotta principale: altri 4 miliardi di euro. Finanziamenti di cui non esiste traccia nel bilancio regionale, nazionale e tantomeno europeo. Così come non esiste traccia dei progetti delle ipotetiche reti locali di collegamento per le quali l'iter procedurale, se tutto andasse bene, richiederebbe come minimo altri 6 anni. In merito all'impatto della struttura, è opportuno informare l'opinione pubblica che il gasdotto Galsi ha sì ottenuto la valutazione di impatto ambientale (Via) da parte del ministero dell'Ambiente ma con circa 150 prescrizioni, limitazioni e autorizzazioni in sospeso - anche vincolanti - e che la gran parte di queste riguardano proprio l'impatto ambientale sul nostro territorio. È sufficiente collegarsi al nostro blog (www.prosardegnanogasdotto.blogspot.com) per smentire, attraverso le immagini di costruzione dei gasdotti, le affermazioni di Potì. Non soltanto la stazione di compressione di Olbia, ma anche quelle di misurazione fiscale di San Giovanni Suergiu e di rilancio del gas di Paulilatino sono di forte impatto sul territorio, e tali da compromettere irrimediabilmente quelle aree. Inoltre, il rappresentante della Galsi si guarda bene dal citare i 38 punti di allaccio dislocati lungo i 272 chilometri del tracciato: uno ogni 7 km. Cabine di conversione che occupano una superficie di un ettaro e mezzo ciascuno e dalle quali partirebbero le diramazioni verso le reti cittadine. Infine, le "rassicurazioni" riguardo il ventilato risparmio dei sardi. Affermazioni che non solo non corrispondono ai dati ed alle analisi del mercato internazionale del gas forniti dalla Commissione europea e dagli stessi operatori algerini ma, intanto, non sono contemplate nelle carte progettuali del gasdotto e, soprattutto, non rientrano nelle competenze di Galsi. Riguardo la situazione del Paese africano, il Comitato evidenzia che sono gli stessi autorevoli esperti algerini - consulenti del presidente e del ministro dell'Energia - a metterci in guardia dal fatto che il sistema economico del loro Paese dipende esclusivamente dal loro gas e che, allo stato ed al costo attuale, sono in grado di assicurare il rispetto degli impegni internazionali assunti per non più di 15 anni".
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