Di Isidoro Aiello
E’ in atto in questi giorni in Sardegna una campagna di propaganda e di disinformazione per convincere i sardi ad accettare l’ennesima servitù, che arrecherà pochissimi se non nessun vantaggio alla Sardegna, ma enormi profitti all’ENI, benemerita multinazionale, che è la principale responsabile dell’inquinamento e del degrado delle aree, ove gravitano gli insediamenti petrolchimici e di produzione energetica e che sta con ogni mezzo tentando di sottrarsi all’obbligo delle bonifiche a Porto Torres, che è attualmente l’area più inquinata d’Europa.
La società GASLI è posseduta da Sonatrach, società algerina pluri-inquisita per tangenti anche in relazione ad altri affari con ENI, per il 41,6%, da Edison per il 20,8%, da Enel produzione per il 15,6%, da SFIRS, Società Finanziaria della Regione Sardegna, per l’11,6% e dal gruppo Hera, fortemente coinvolto nel business dei termovalorizzatori, per il 10, 4%. In virtù dell’accordo firmato con GASLI nel 2008, SNAM Rete Gas diverrà il titolare ed operatore della sezione italiana del gasdotto.
Il gasdotto avrà una capacità di trasporto iniziale di 8 miliardi di metri cubi l’anno, innalzabile a pieno regime fino a 20 miliardi di metri cubi l’anno. La ripartizione dei consumi del metano è del 60% per uso industriale e del 40 % per uso domestico. Il metano per uso industriale ha un prezzo medio di 10 euro al metro cubo, mentre quello per uso domestico ha un prezzo di circa 20 euro al metro cubo. Quindi il fatturato del gasdotto sarà di 140 miliardi di euro l’anno se avrà una portata di 10 miliardi di metri cubi e di 280 miliardi di euro se la portata sarà aumentata a 20 miliardi di metri cubi l’anno. Un affare di questa portata dovrebbe dare ricadute consistenti sul territorio sardo attraverso le Royalties, per ripagarlo del grave danno ambientale e della servitù che comporterà per 40 anni. Ricordo che la ferita del territorio sardo sarà lunga 272 km, da Porto Botte, dove verrà costruita la stazione d’arrivo, ad Olbia Venafiorita, dove sarà costruita la stazione di pompaggio verso la Toscana, danneggiando numerosi territori di alto valore paesaggistico. Un’altra stazione di pompaggio dovrebbe essere costruita nel Sulcis. Oltre all’esproprio dei terreni, dove passerà il gasdotto, vi sarà un’area di rispetto di 20 metri per lato, arrecando ulteriore danno alle attività agricole.
Viene riportato da più parti che questa è una opportunità che la Sardegna non può perdere, pena un mancato sviluppo futuro; ma quale e su quali prospettive e progetti non è dato saperlo: si afferma solo che la Sardegna pagherà assai meno l’energia. L’onorevole Pili dice di avere percorso a piedi in tre giorni, per lo meno non ha detto a piedi nudi, i 272 Km del tragitto del gasdotto per spiegare i grandi vantaggi che il gasdotto porterà alle comunità locali attraversate da quest’opera. Spero che in questa occasione non abbia ripetuto come un nastro registrato le spiegazioni fornitegli dagli investitori, che ovviamente hanno tutto l’interesse a dimostrare l’utilità dell’opera, che comporterà solo per loro un giro d’affari per non meno di 140 miliardi di euro, così come fece con le dichiarazioni programmatiche quando era Governatore della Sardegna, ma che abbia studiato con la sensibilità di un vero sardo il problema ed abbia riportato le sue convinzioni. Tra le due opzioni non so quale convenga all’onorevole Pili, per le motivazioni che di seguito saranno esposte.
Si dice che i sardi risparmieranno il 40% sui costi dell’energia, affermazione molto attraente se corrispondesse al vero. Bisognerebbe aggiungere che eventualmente si risparmierebbe nei costi del gas di città ( attualmente si utilizza aria propanata ) solo nei centri cittadini ove è stata predisposta la rete di distribuzione, che comunque avrebbe bisogno di essere adeguata al metano, mentre non cambieranno affatto i costi dell’energia elettrica, che come si sa o si dovrebbe sapere ha costi che sono quasi doppi rispetto a quelli pagati in altre regioni italiane soprattutto del nord. E questo non perché in Sardegna si produca poca energia, al contrario la Sardegna esporta moltissima energia verso il centro-nord dell’Italia, ma per il sistema speculativo utilizzato dai produttori sardi, in primis la SARAS. Questa oltre ad avere una raffineria che produce oltre il 50% delle esigenze italiane di benzine e gasolio, pagando pochissime accise alla Sardegna ( se pagasse le accise per quanto viene prodotto in Sardegna dovrebbe pagare alla nostra Regione circa 6 miliardi di euro, mentre ne paga solo 700.000 milioni), brucia per produrre energia elettrica, i residuati della raffinazione, il Tar, rifiuto speciale pericoloso,che come tale dovrebbe essere smaltito. Tuttavia per la famigerata norma del CIP6, il TAR viene assimilato alle fonti energetiche rinnovabili. I 640 Mwatt prodotti vengono infatti pagati il doppio ed hanno la precedenza nella immissione in rete (priorità di dispaciamento). Si tenga presente che attualmente (chiuse le industrie energivore del Sulcis-Iglesiente) il consumo medio della Sardegna è meno di 1000 Mwatt e che la produzione installata in Sardegna è di 4500 Mwatt. Producendo la SARAS circa i 2/3 delle esigenze energetiche attuali e potendo entrare in rete quando vuole e quando può spuntare il prezzo migliore, i sardi, per arricchire Moratti, sono costretti a pagare l’energia elettrica più dei continentali ed in più ci rimettono la salute per l’altissimo tasso di inquinamento che determina un importante aumento delle malattie tumorali, polmonari, cardiovascolari, allergiche, endocrine, autoimmuni etc.
Si dice che sono previste nel piano energetico regionale due centrali a cogenerazione, una ad Ottana ed una a Porto Torres, vale a dire centrali che potranno bruciare a scelta metano o carbone od olio combustibile e perché no anche rifiuti solidi urbani, equiparati sempre per il CIP6 alle energie rinnovabili. Ma chi può seriamente prevedere che verrà bruciato il metano al posto degli altri combustibili, visto che il metano ha un costo nettamente superiore?
Si dice con grande enfasi che sono previste 38 bocche di allaccio, ma si tace che non sono previsti raccordi alle reti di distribuzione già esistenti ad aria propanata, né reti di distribuzione che coprano le esigenze dell’intiera Sardegna. Queste dovrebbero essere costruite dalla SNAM Rete Gas, con i soldi dei sardi e quindi, fino a quando non vi saranno le risorse locali, la metanizzazione della Sardegna rimarrà sulla carta e con essa i risparmi propagandati. A questo riguardo non è chiaro quale sia il significato della partecipazione di SFIRS al capitale di GASLI.
Bisogna ricordare che comunque le bombole ad uso domestico di GPL, confezionate quasi tutte sempre dalla SARAS, continueranno a costare molto di più che nelle altre regioni italiane.
Stando così le cose quali sono dunque i vantaggi del gasdotto GASLI per la Sardegna? Vantaggi economici no, o del tutto marginali e di là da venire. E’ invece certo un grave danno ambientale ed una servitù, l’ennesima, per portare la gran parte del gas algerino in Italia ed in Europa. Non vi sarà alcuna riduzione dell’inquinamento ambientale, solo marginale ed in tempi non prevedibili. Inoltre è bene ricordare che il metano bruciato produce una grande quantità di CO2 e quindi non contribuisce alla riduzione dell’effetto serra ad al raggiungimento del famoso 20-20-20.
Tutti coloro che sostengono e propagandano questa iniziativa come la panacea per risolvere i problemi della Sardegna o sono ignoranti o sono in malafede. Se avessero davvero a cuore il bene della Sardegna, che affermano di rappresentare, dovrebbero tutelare i nostri interessi ponendo a GASLI le seguenti condizioni:
a) Comprendere nel progetto e nel finanziamento la costruzione di una rete di distribuzione, che copra tutto il territorio Sardo.
b) Essendo il metano certamente meno inquinante del carbone, del TAR, del FOK, dell’olio combustibile, dei rifiuti solidi urbani, introdurre nella convenzione l’obbligo per tutte le centrali termoelettriche della Sardegna di essere riconvertite a metano.
c) Per ripagare la Sardegna del grave danno ambientale, pretendere Royalties proporzionate al fatturato annuale pari a diversi punti percentuali ( se si chiedesse il 4%, la regione Sardegna incasserebbe annualmente 5,6 miliardi di euro)
Qualora queste condizioni non venissero accettate, i nostri amministratori dovrebbero sentire l’obbligo morale di non concedere le autorizzazioni necessarie. A tutt’oggi manca infatti l’autorizzazione dell’UE, che ha classificato il GASLI opera priva di priorità fino al 2030, e quella congiunta della regione Sardegna e Toscana.
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Isidoro Aiello
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