domenica 4 dicembre 2011

GALSI: ANCHE IL PARTITO SARDO D'AZIONE SI SCHIERA CONTRO!!

Una bellissima notizia! Anche il PSd'Az, con una accurata e equilibrata nota, curata da Gianni Ruggeri, il Vicesegretario Nazionale del Partito, si schiera contro la costruzione in Sardegna del gasdotto GALSI. "L'opera si mostra quello che é: un' imposizione dai benefìci dubbi, che alimenta interessi internazionali e lascia danni e servitù certe alla Sardegna. Come nella migliore delle colonizzazioni, la classe politica sardoitaliana chiude gli occhi e apre il portafoglio in cambio di qualche vana promessa e una manciata di posti di lavoro, nella confusione della strategia di sviluppo dell'Isola, cui sarebbe ben più utile un cavetto per la banda larga piuttosto che 1200 ettari di nuova servitù del tubo.".







GALSI, troppe perplessità, e la Regione latita.

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La Conferenza di Servizi convocata a a Roma il prossimo 14 dicembre darà il via libera alla costruzione del metanodotto. La Regione vi partecipa senza averne valutato appieno le implicanze economiche ed ambientali, in un sospetto silenzio bipartisan. La Sardegna contribuisce per 150 milioni di euro e con nessuna garanzia che neanche le opere in subappalto, pari a circa 200 milioni, possano vedere partecipi (anche, come ha detto il Presidente della Società), le Imprese Sarde.
Sui presunti benefici a medio-lungo periodo, occorre considerare come il prezzo del gas dipenda da una serie di variabili indipendenti dalla fonte, tra i quali il rapporto euro/dollaro, la domanda, le accise. Sono componenti che lasciano prevedere il suo trend rialzista. L'acquisto da unica fonte rappresenta una condizione di monopolio dell’offerta mentre i mercati europei diversificano e traggono vantaggi dalla capacità di stoccaggio del gas naturale liquido trasportato con navi metaniere e acquistato nella concorrenza tra i produttori mondiali. Questo in una situazione di crisi che sta facendo diminuire la domanda di metano in tutta Europa. E' da considerarsi come il consumo di gas in Italia sia del 17% superiore, sul totale delle fonti energetiche, a quello sardo. Con condizioni climatiche e industriali differenti che non giustificano paragoni. L'acquisto libero del GNL rappresenterebbe un vantaggio anche per la Sardegna, a seguito della liberalizzazione di stoccaggio prevista dal Decreto 130/2010 e previa realizzazione di rigassificatori (previsti, a maggior confusione,nel Piano Energetico Regionale). La liberalizzazione del trasporto invece, quando sarà attuata, non potrà comportare benefici per l’Isola a differenza del resto d’Italia già metanizzato, che inoltre gode dell’approvvigionamento alternativo di altri due hub. Si aggiunga l'unidirezionalità della condotta dall' Algeria alla Toscana, che non consente usi di approvvigionamento in direzione contraria.
Le stime sul risparmio complessivo generato dalla metanizzazione della Sardegna nascondono i costi dello switching degli impianti, oltre a quelli della distribuzione locale e delle opere di interconnessione che dovranno realizzarsi a carico dei sardi. E' paradossale come i punti di interconnessione più vicini alle città di Cagliari e Sassari, ed alle loro zone industriali distino oltre 40 chilometri. E più di 30 km per arrivare a Ottana. E' qui che si concentrano oltre il 70% dei consumi dell'intera isola, tagliati fuori dai benefici sbandierati e presunti, per raggiungere i quali occorrerebbero almeno altri 250 milioni di opere. Senza contare quasi tutto il Nuorese e l' Ogliastra, che di sviluppo ne avrebbero bisogno.
Di fatto a beneficiarne sarebbe solo l'area industriale di Portovesme, in antitesi alla sua auspicata bonifica e riconversione. In assenza di obiettivi strategici di sviluppo della Sardegna, a difesa del metanodotto si privilegiano vecchi modelli energivori, peraltro in una situazione di sovrapproduzione elettrica regionale, da fondarsi sulla forte dipendenza dalla fonte algerina e dagli interessi geopolitici e finanziari che rappresenta.
La Regione paga un prezzo altissimo anche in termini di ambiente e territorio, rinunciando passivamente ad esprimere valutazioni e controlli sull'impatto dell'opera nel proprio ecosistema e nel proprio patrimonio storico archeologico. Mentre le Soprintendenze tacciono, subiamo la valutazione positiva del Ministero dell'Ambiente al poderoso Studio presentato dalla Società Galsi, di cui pure la Regione é socia.
8 archeologi professionisti (???), secondo la Società, avrebbero percorso a piedi il tracciato, che ha larghezze variabili tra i 30 e i 40 metri. Questo pregevole Grand Tour ha portato a certificare la "scarsità di elementi significativi storici", e quindi l'impatto zero della striscia, persino nelle sezioni III e IV che vanno da Abbasanta a Mores, passando per l'altopiano di Campeda e la Valle dei Nuraghi, con le loro tancas, utturus, domizheddas e pinnettas che sono iconemi del Paesaggio e della Cultura Sarda. Solo tra i km 136 e 138 della condotta affiorano almeno 20 importanti costruzioni nuragiche a pochi metri dall'asse del tracciato.
E così dallo Studio apprendiamo che i 25 ettari di bosco di latifoglie e 53 di sugherete secolari che saranno azzerate si ripristineranno "in alcuni anni", e che l'impatto sarà "trascurabile" anche per 50 torrenti e fiumi attraversati, per le Zone di Protezione Speciale, per le fasce costiere e le zone umide di notevole interesse faunistico attraversate, per le aree marine protette. Insomma su tutto quanto si fonda, o dovrebbe fondarsi, la politica di vincolo paesaggistico regionale.
Parlare di ripristino dell'intero ecomosaico interessato è pura illusione. Le alterazioni indotte azzereranno la resilienza delle unità ecosistemiche; le reti ecologiche saranno interrotte e con esse gli equilibri della qualità biotica. Le specie endemiche e protette spariranno dai loro areali, nelle zone più delicate rimarrà un corridoio arido e gli habitat circostanti avranno necessità di decenni per ricostituirsi. Le condizioni climatiche Sarde, con l'alternanza di stagioni estreme, non consentono facilmente la ricolonizzazione alle stesse specie pioniere e ruderali. Già in fase di cantiere, secondo lo Studio del Galsi, si ammettono medi e alti impatti nell'ambiente idrico, faunistico e vegetazionale.
L'opera si mostra quello che é: un' imposizione dai benefici dubbi, che alimenta interessi internazionali e lascia danni e servitù certe alla Sardegna. Come nella migliore delle colonizzazioni, la classe politica sardoitaliana chiude gli occhi e apre il portafoglio in cambio di qualche vana promessa e una manciata di posti di lavoro, nella confusione della strategia di sviluppo dell'Isola, cui sarebbe ben più utile un cavetto per la banda larga piuttosto che 1200 ettari di nuova servitù del tubo.
di Gianni Ruggeri, Vicesegretario Nazionale del PSd'Az.

2 commenti:

  1. FINALMENTE, ANCHE LORO HANNO CAPITO E DICONO COME STANNO LE COSE!

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  2. EVVIVA !!!...MEGLIO TARDI CHE MAI !!!...

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