venerdì 9 dicembre 2011

RASSEGNA STAMPA

UNIONE SARDA DEL 9 DICEMBRE
CARBONIA. De Gaetano, direttore di Snam rete gas: «Le aziende locali si preparino per la gestione»
Il metanodotto? Lo faranno gli altri.
Costerà un miliardo, solo 300 milioni finiranno alle imprese sarde
Un miliardo di investimento, duemila posti di lavoro. La costruzione del gasdotto che attraverserà l'Isola per trasportare il gas dell'Algeria si annuncia come una iniezione di denaro e lavoro quanto mai salutare per l'economia sarda. Sarà ricchezza reale oppure, come spesso accade, la parte del leone la faranno le grandi imprese della Penisola che incasseranno il grosso dei finanziamenti lasciando ai sardi soltanto le briciole?
«Sarà una grossa opportunità da sfruttare, l'occasione per le imprese sarde di acquisire la capacità e l'esperienza per gestire la seconda fase della metanizzazione: dipenderà tutto da loro». Parola di Salvatore De Gaetano il direttore generale di Snam rete gas, la società dell'Eni che dovrà realizzare il gasdotto e occuparsi della gestione. A Carbonia in occasione del "workshop" sulla metanizzazione promosso dalla Provincia De Gaetano ha voluto chiarire quale potrebbe essere il ruolo delle imprese sarde.
IL GASDOTTO - Si tratta di stendere attraverso l'Isola un tubo di 48 pollici (circa un metro e venti centimetri di diametro) lungo 270 chilometri che approderà nel Sulcis per arrivare a Olbia. Fra due settimane da Roma dovrebbe arrivare il via libero al rilascio dell'autorizzazione unica, ai primi del 2012 la partenza. «Il tratto sardo del gasdotto costerà circa un miliardo e nei cantieri troveranno lavoro fino a duemila persone», ha spiegato il direttore di Snam rete gas.
La società dell'Eni opererà attraverso appalti. Questo è il punto: che ruolo avranno le imprese sarde?
De Gaetano è stato chiaro: «Ci sono non più di dieci imprese nel mondo con i requisiti per realizzare un gasdotto di quelle dimensioni (lavorerà con una pressione di 60 bar) e in grado di mettere in campo il materiale e i mezzi per un'impresa così delicata».
GLI APPALTI -
Le imprese isolane sono destinate, quindi, ad un ruolo di secondo piano. Si calcola che a loro finirebbero non più di 300 milioni. «Ritengo che dovrebbero sfruttare l'occasione - risponde De Gaetano - per acquisire le conoscenze e la professionalità in maniera da inserirsi negli appalti per le reti di distribuzione del gas a bassa pressione oltre che, una volta ultimati i lavori, nel controllo, gestione e manutenzione della rete del distretto Sardegna».
LA GESTIONE -
Il "dopo gasdotto" ha una potenzialità di almeno duemila posti di lavoro. C'è, inoltre, un'altra opportunità alla quale ha accennato il direttore di Snam rete gas. Per un'impresa di quelle dimensioni sarà necessario un polo logistico per la gestione del movimento di tutti i materiali. Il Sulcis ha avanzato la sua candidatura mettendo a disposizione una vasta area nel polo industriale di Portovesme.
Sandro Mantega
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Commento
Dal gas il lavoro da non farsi sfuggire
Rimboccarsi le maniche". Deve essere questa la parola d'ordine degli imprenditori sardi nel momento in cui decollerà il grande progetto del gasdotto Italia-Algeria via Sardegna. Saranno sicuramente tagliati fuori dall'appalto più corposo, quello della costruzione della gas-line che convoglierà il gas a 60 bar di pressione per 270 chilometri, ma era inevitabile: solo poche grandi imprese possiedono la tecnologia e i mezzi necessari per realizzare un'opera di quelle dimensioni. Ma i sardi non devono stare a guardare, magari limitandosi a qualche subappalto nel movimento terra. La costruzione del gasdotto deve diventare la palestra per acquisire esperienza e tecnologia nel ramo, imparare a costruire reti secondarie, occuparsi anche della gestione della linea principale. Sono in ballo migliaia di posti di lavoro e se questi spazi non saranno occupati dai sardi, ci penseranno i soliti "continentali". (s. m.)
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GALSI. Il sindaco di Luogosanto: Un tavolo per fare il bilancio costi benefici
(di Alessandra Raggio)
«La servitù ha un prezzo»
Scampuddu: Fateci vedere l'accordo con l'Algeria.
Mancano pochi giorni alla conferenza di servizi che dovrebbe dare il primo via libera al Galsi. Ma il territorio vuole vederci chiaro, i sindaci chiedono tavoli tecnici e politici e i cittadini scendono in piazza con manifestazioni e dibattiti. Lunedì scorso, su sollecitazione di Antonio Satta, sindaco di Padru e segretario nazionale dell'Upc, il Consiglio regionale dell'Anci si è riunito a Olbia perché i dubbi e le perplessità tecniche sull'infrastruttura che dovrà portare il metano in Sardegna sono ancora tanti. Oggi è il sindaco di Luogosanto a chiamare i colleghi a raccolta attorno a un tavolo per «capire cose che finora nessuno ci ha spiegato» dice Antonio Scampuddu.
IL PUNTO DI FORZA «Per una volta l'insularità della Sardegna è strategica -spiega Scampuddu- grazie alla nostra posizione faremo risparmiare miliardi agli algerini che vogliono portare il gas in Europa. Ma cosa abbiamo chiesto in cambio, oltre alla possibilità di avere un po' di gas? Questo è un business da miliardi e noi, per una volta, potevamo pretendere tantissimo in cambio».
L'ACCORDO Come la maggior parte dei sindaci, che lunedì scorso hanno partecipato al Consiglio regionale dell'Anci, Antonio Scampuddu ora chiede alla Regione di rendere noti i termini dell'accordo stipulato con l'Algeria qualche anno fa. «Molti, come me -continua- ancora non conoscono i contenuti di quella carta. So solo che la Toscana in cambio dell'approdo del gasdotto a Piombino ha chiesto persino la metanizzazione dell'Isola d'Elba, mentre noi, che mettiamo a disposizione 270 chilometri di terra, dobbiamo anche tirare fuori 150 milioni di euro».
LA CONTROPARTITA Il sindaco di Luogosanto non mette in alcun dubbio l'importanza dell'infrastruttura per l'Isola ma da primo cittadino, e da sardo, chiede che una cosa così importante non venga calata dall'alto ma discussa con il territorio. «Da decenni la Sardegna è costretta a elemosinare fondi per costruire strade, per la continuità territoriale: dobbiamo inginocchiarci per chiedere infrastrutture che le altre regioni hanno di diritto. Questa è un'occasione preziosa -aggiunge- per mettere sul tavolo le nostre richieste. Per questo vogliamo sapere cosa i nostri politici hanno scritto in quell'accordo, per il bene di tutta la Sardegna»
IL TAVOLO Intanto, il 22 dicembre ci sarà a Roma la conferenza di servizi alla quale sono stati invitati tutti i sindaci, gli enti e gli organismi coinvolti nel progetto. «Una conferenza di servizi non basta -puntualizza Scampuddu- Ci siamo stancati di parlare di aria fritta, di farci raccontare favole con tanto di slide . Vogliamo capire se davvero i nostri paesi potranno avere il metano, parlare delle reti, ipotizzare scenari di accordo, portandoci dietro tecnici e consulenti. È un nostro dovere verso tutti i sardi che ci hanno delegato a fare i loro interessi, soprattutto in un momento così difficile. Non abbiamo soldi neppure per mandare i nostri ragazzi a scuola e ci permettiamo di spendere 150 milioni per realizzare un'infrastruttura che dovremo avere di diritto solo per il fatto che stiamo facendo risparmiare un sacco di soldi all'Algeria e all'Europa. Quanto sarebbe costato far passare il metanodotto sotto il mare per 300 chilometri? Io sono un imprenditore abituato a ragionare solo ed esclusivamente sulle cifre: a occhio e croce questa servitù ha un prezzo molto alto».
MANIFESTAZIONE A OLBIA Intanto il gruppo locale contro la centrale di decompressione a Venafiorita, ha organizzato per il 17 dicembre in piazza Mercato un concerto-dibattito per «sensibilizzare le persone sui cambiamenti che il gasdotto porterà al nostro territorio ed alle sue ripercussioni a livello ambientale, turistico e sociale».

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