Il Consiglio Nazionale del PSd'Az tiene alta l'attenzione e le perplessità sull'opera. Pubblichiamo il contributo al dibattito della Federazione di Cagliari.
Abbiamo consapevolezza che il metanodotto corrisponda a bisogni di approvvigionamento energetico europei. Siamo altresì convinti che lo sviluppo della sardegna necessiti di investimenti infrastrutturali che ne favoriscano l'efficienza produttiva e ripristinino parità di condizioni competitive.
L'opera comprende interessi economici internazionali legati alla disponibilità energetica, in un complesso sistema nel quale non risulta però garantita, a livello regionale sardo, la concorrenzialità dell'offerta.
La disponibilità teorica del flusso di gas nel territorio sardo precostituirebbe il soddisfacimento di una domanda industriale capace di generare investimenti produttivi. Noi riteniamo che tale capacità sia invece sostanzialmente limitata da fattori indipendenti dalla disponibilità energetica, risultando fortemente condizionata da esternalità negative quali quelle del sistema trasporti e della relativa logistica, della politica creditizia e dell'assenza di agevolazioni fiscali territoriali, dell'insufficienza infrastrutturale in genere.
La crisi europea incombente, e i suoi trend recessivi, induce al ripensamento di modelli ideali di sviluppo fondati sulla dipendenza energetica ed espressi dalla grande impiantistica industriale. Ciò rappresenta la sfida del millennio alla quale volge il pensiero delle Società più evolute.
Noi valutiamo come l' economia fondata sullo sfruttamento delle risorse energetiche, che ha prodotto insediamenti insediamenti industriali pur comprensibili nella logica del passato, abbia sempre risposto ad interessi politico-finanziari estranei a quelli della Sardegna, e si sia sempre evoluta in trasformazioni ambientali e sociali negative.
Al contrario della penisola italiana, la prevista liberalizzazione del trasporto del gas, col il sistema di concorrenzialità sotteso, non troverebbe respiro nella nostra regione, priva di offerta alternativa e vincolata dall'unidirezionalità della condotta metaniera. La costruzione del gasdotto sardo, cioé, alimenta la maggiore capacità di attrazione industriale di altre Regioni , a paradossale discapito della nostra che ne sopporta l'ingombro e parte degli oneri economici.
L'acquisto da unica fonte rappresenta una condizione di monopolio dell’offerta, nel tempo in cui i mercati europei diversificano e traggono vantaggi dalla capacità di stoccaggio del gas naturale liquido trasportato con navi metaniere e acquistato nella concorrenza tra i produttori mondiali. L'acquisto libero del GNL rappresenterebbe un vantaggio anche per la Sardegna, a seguito della liberalizzazione di stoccaggio prevista dal Decreto 130/2010 e previa realizzazione di rigassificatori (già previsti, a maggior confusione,nel Piano Energetico Regionale).
Il diretto beneficio derivante dalla costruzione dell'opera si configura in una mera estensione di subappalti tipici del cottimo, peraltro di un importo totale stimabile come inferiore allo stesso impegno finanziario derivante dalla compartecipazione della Regione, e senza alcuna garanzia sull'effettiva partecipazione (e sulle condizioni di questa) del sistema edilizio e industriale Sardo. Né riteniamo che un'opera di tale imponenza territoriale possa prescindere dalla concertazione con i lavoratori e gli Enti dei comparti agricolo-pastorale e forestale.
La realizzazione della condotta non trasferisce conoscenze tecnologiche, né dalla fase di progettazione, né dalla componentistica, né dall'assemblaggio, né da quella di gestione e di controllo. Quest'ultima esclude gravemente qualsiasi interesse pubblico regionale, imponendo una gestione esterna e costituendo di fatto una imponente servitù privata nel nostro territorio.
La stessa presunta disponibilità del gas rimane estranea ad ogni regolazione che garantisca alcuna condizione di favore al consumo nell'Isola. Oltre la servitù, si prospetta quindi un monopolio di straordinaria capacità di condizionamento non solo dello sviluppo e delle sue ipotesi, ma anche del sistema produttivo e civile esistente.
A valle della sua costruzione, rimarrebbe di complessa e onerosissima realizzazione il sistema delle connessioni alle reti locali, oltre che lo switching degli impianti. A ciò occorre fortemente condizionare la presunta potenzialità di sviluppo indotta dal metanodotto. Bisogna considerare come la tubazione rimanga lontana oltre 40 chilometri, per motivi da approfondire, dai centri che rappresentano gran parte della domanda energetica isolana, come Cagliari, Sassari, Nuoro, e relative zone industriali, o dalla zona dell'Ogliastra che rappresenta la domanda maggiore di sviluppo.
Tali scelte territoriali, a partire da quella dell'approdo che esclude la logica del sito di Sarroch con i suoi depositi nazionali e la vicinanza all'area Industriale e Commerciale di Cagliari in favore della zona protetta della laguna di Porto Botte nel Sulcis, oltre ad allungare il tracciato sembrano confermare la corrispondenza verso logiche politiche piuttosto che economiche, e verso operazioni "di cartello" tese a lottizzare il Mercato Sardo. Ciò pur nell'evidenza del poco interesse che questo rappresenta nella portata dell'opera.
Stessa logica politico-territoriale sembra escludere il polo industriale di Porto Torres, mentre privilegerebbe quello di Portovesme. Ciò nell'illusione di poter vivere ancora di Alluminio, Piombo e Zinco, fumi tossici e fanghi rossi, o che sia quello energetico il problema che ha condannato a morte quel distretto industriale.
L'equazione metanodotto = risparmio va smontata e ricondotta alla parabola della demagogia elettorale e colonialistica. E' il suo stesso tracciato a denunciarlo, ed a richiedere ulteriori risorse per la connessione alle reti locali.
In assenza di strategie di sviluppo della Sardegna, a difesa del metanodotto si privilegiano vecchi modelli energivori, peraltro in una situazione di sovrapproduzione elettrica regionale, da fondarsi sulla forte dipendenza dalla fonte algerina e dagli interessi geopolitici e finanziari che rappresenta.
E' nel campo ambientale che dovremmo subire la più mortificante offesa alla Sovranità del nostro Popolo. La Regione paga un prezzo altissimo anche in termini di territorio, con 24000 ettari sottoposti a servitù , privata persino del potere di rilascio dell'obbligatoria Valutazione Ambientale e Paesaggistica.
Un esempio: lo Studio di Impatto Ambientale prodotto dalla Società Galsi, di cui pure la Regione é Socia, certifica la "scarsità di elementi significativi storici", e quindi l'impatto zero della striscia di cantiere larga 40 metri, persino nelle sezioni III e IV che vanno da Abbasanta a Mores, passando per l'altopiano di Campeda e la Valle dei Nuraghi, con le loro tancas, utturus, domizheddas e pinnettas che sono iconemi del Paesaggio e della Cultura Sarda. Questo é il risultato, si apprende dal sito web della Società, del percorso di quasi 300 chilometri effettuato da 8 archeologi professionisti; parliamo di cose serie, altrimenti ci scapperebbe da ridere leggendo che lo avrebbero fatto a piedi.
25 ettari di bosco di latifoglie e 53 di sugherete secolari saranno azzerate per ripristinarsi, secondo la Società, "in alcuni anni"; l'impatto sarà "trascurabile" anche per 50 torrenti e fiumi attraversati, per le Zone di Protezione Speciale, per le fasce costiere e le zone umide di notevole interesse faunistico, per le aree marine protette.
Parlare di ripristino dell'intero ecomosaico interessato è pura illusione. Le alterazioni indotte azzereranno la resilienza delle unità ecosistemiche; le reti ecologiche saranno interrotte e con esse gli equilibri della qualità biotica. Le specie endemiche e protette spariranno dai loro areali, gli habitat circostanti il corridoio piatto da 40 metri di larghezza prodotto dal cantiere, avranno necessità di decenni per ricostituirsi. Le condizioni climatiche Sarde, con l'alternanza di stagioni estreme negli altopiani, non consentono facilmente la ricolonizzazione alle stesse specie pioniere e ruderali. Solo in fase di cantiere, secondo lo Studio del Galsi, si ammettono medi e alti impatti nell'ambiente idrico, faunistico e vegetazionale.
Queste valutazioni ci fanno concludere come l'opera risulti largamente estranea agli interessi della Sardegna, configurandosi come una inaccettabile servitù sostenuta come sempre dai Partiti Italiani e dai loro vassalli sardi, in cambio di una manciata di posti di lavoro e di promesse irrealistiche.
La sua costruzione necessiterebbe di un radicale ripensamento che parta dalla definizione del modello di sviluppo, dal nuovo piano energetico ad esso relativo, dal diritto dei sardi a governare i propri processi economici e il proprio territorio, in un quadro di pariteticità e reciprocità con le istituzioni Italiane ed Europee interessate.
Gianni Ruggeri - Vice Segretario Nazionale
Doc. approvato dal Coordinamento di Federazione di Cagliari il 15.12.2011
...mica il metano arriva da solo in sardegna!
RispondiElimina...e per averlo, ma, sara' solo di passaggio,dobbiamo permettere la devastazione della nostra isola ?...e' questo il sentimento che ci lega alla nostra terra ?...NON CI SERVE ALTRA ENERGIA. NE ABBIAMO PIU' DEL NECESSARIO.
RispondiEliminaANCORA UNA VOLTA, QUI SI OFFRONO SERVITU', PER GIUNTA, A COSTO ZERO ANCHE SE,NESSUN PREZZO POTRA RIPAGARCI DI QUANTO VERRA' SACRIFICATO SULL'ALTATE DI QUEST'OPERA: PAESAGGIO
TURISMO
ARCHEOLOGIA
DISSESTO IDROGEOLOGICO
PASTORIZIA
AGRICOLTURA
FAUNA
PECULIARITA' BIOLOGICHE
CONTINUITA' TERRITORIALE
SICUREZZA E SALUTE
FRUSTRAZIONI PER NON AVER IMPEDITO IL SACCHEGGIO -
...e c'è bisogno di "urlare"?...
RispondiEliminaIo non urlo affatto...piuttosto,a me sembra piu' chiassosa la tua pochezza e la superficialita'con cui esordisci...pero'se ci vedi un urlo,va bene lo stesso, e' abbastanza contestuale..............
RispondiElimina...secondo me ti dovresti rilassare poco poco...
RispondiElimina...ma no, secondo me sei tu che ti dovresti svegliare poco poco...dopo di che torna pure a dormire e...scusa se ti ho svegliato...
RispondiEliminaSei patetico Carlo
EliminaMa guarda che birba...sei proprio birichino...
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